Nell’attesa di valutare come si concluderà la vicenda tormentata della dubbia praticabilità di inserire nel mille proroghe emendamenti per la rimodulazione della prescrizione nei processi penali, che ancora oggi vedono la maggioranza alle prese con il dissenso di Italia Viva, il partito di Renzi, ci pare più serio e doveroso rammentare, nella giornata del ricordo, la tragedia delle foibe, dove perirono migliaia di istriani e dalmati, vittime della ferocia e dello spirito di vendetta delle formazioni comuniste jugoslave che facevano capo a Tito. Una tragedia cui si accompagnò e fece seguito l’esodo della comunità italiana da quelle terre: esodo che si svolse nell’imbarazzato silenzio degli alleati e della stessa nostra opinione pubblica, che intendeva da una parte dimenticare gli orrori di una guerra appena conclusa e dall’altra, sulla sua sinistra, animata da sentimenti di simpatia solidale per i comunisti jugoslavi.
Per molti anni la memoria delle foibe fu così di fatto oscurata e i superstiti considerati infetti di nazionalismo fascista.
Sarà opportuno rammentare come vittime dei plotoni di esecuzione delle formazioni comuniste e degli infoibamenti non furono solo i presunti fascisti, ma anche tanti partigiani italiani che avevano combattuto sotto le insegne democristiane, liberali e azioniste o per fedeltà a casa Savoia.
Non c’è certo paragone fra i numeri del genocidio nazista e quello delle foibe: eguale però la violenza organizzata e brutale, frutto di un’altra ideologia totalitaria, quella comunista che già si era macchiata della vergogna dei gulag, dei processi politici seguiti da esecuzioni e persecuzioni, dell’oppressione dei cristiani e dell’aver affamato di milioni di contadini ucraini.
Non dimenticare è quindi un dovere civico, un imperativo morale impedire che simili tragedie possano ripetersi facendo tesoro delle scelte dei politici illuminati che immaginarono una nuova Europa unita nella pace e nello sviluppo.