La prima Conferenza annuale di Confindustria Energia è stata l’occasione per presentare il nuovo Pniec, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima che dovrebbe portare l’Italia a rispettare i target climatici al 2030. Il documento, che ancora non sembrerebbe rispettare in pieno gli impegni presi in ambito G7, non è stato presentato integralmente a Bruxelles, ma solo sotto forma di un executive summary di 24 pagine. La scadenza ufficiale sarebbe stata quella del 30 giugno, ma l’Italia ha deciso di procrastinare la consegna di un mese. Tre i pilastri sul quale poggia il Piano: realismo, diversificazione (dal petrolio alle rinnovabili, passando per gas e nucleare) e semplificazioni, che non hanno fin qui convinto gli ambientalisti e le opposizioni che lo considerano senza ambizioni ‘difensivo’ e al ribasso.
Giudizi faziosi a detta del ministro dell’Ambiente e la Sicurezza energetica che ha colto l’occasione per difendere il lavoro del Mase: ”La proposta è un testo che supera gli obiettivi energetici e ambientali del Pniec del 2019 e alza l’asticella dell’ambizione dell’Italia. Il nostro Pniec è un grande lavoro di programmazione della transizione energetica, ancorché non ceda mai alla demagogia”. ”L’approccio che abbiamo scelto nell’elaborazione del Piano – ha aggiunto Pichetto Fratin – è un approccio pragmatico, che, pur mantenendo saldi gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dall’Europa, disegna un percorso più ancorato alla realtà”.
Obiettivo del Governo è portare al 41% la quota di rinnovabili nei consumi finali lordi di energia, innalzando al 66% la quota FER per i consumi elettrici, arrivando al 36% di energia da rinnovabili per riscaldamento e raffrescamento, e al 29% nei trasporti. “È la sfida dell’economia e dell’energia del futuro quella che abbiamo davanti – ha dichiarato il ministro – e che voi state già conducendo con i vostri investimenti nelle rinnovabili in grado di sviluppare nuove professionalità e di generare nuovi posti di lavoro. Al fine di sostenere gli investimenti, oggi sono previste ulteriori misure, grazie al Pnrr che mette in campo decine di miliardi da spendere presto e bene”.
Il precedente Pniec del 2019 non teneva conto dei nuovi obiettivi ambientali fissati dall’Unione europea con il pacchetto di riforme Fit for 55, che punta alla riduzione delle emissioni del 55% rispetto al 1990, per arrivare alla neutralità climatica nel 2050. Obiettivi rispetto ai quali, secondo le ultime proiezioni Ispra, l’Italia sarebbe indietro, ben oltre i livelli di emissione consentiti già per il 2021 per quasi 11 MtCO2eq (milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente) e quelle nei settori cruciali del civile e dei trasporti che non hanno registrato sostanziali riduzioni dal 1990 ad oggi. Da qui il richiamo del Mase al principio di realismo che li ha guidati nella stesura del nuovo documento, ritenendo che quello del 2019 fosse stato eccessivamente “ottimista”, tenuto conto anche dell’incompleta attuazione delle misure previste e il mutato contesto condizionato da pandemia, ripresa economica, guerra.
Per Confindustria la questione ruota tutta intorno agli investimenti che andrebbero incentivati insieme a politiche di stimolo agli stessi, altrimenti il Governo rischia di lanciarsi senza paracadute. “Saranno necessari 1.100 miliardi di euro di investimenti per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione in Italia da qui al 2030 – è stato il commento del presidente degli industriali, Carlo Bonomi -. Si tratta di un flusso d’investimenti di 140 miliardi di euro l’anno, che impone un impegno serio e di lunga gittata di tutti gli operatori in campo”. Secondo Confindustria Energia, il Pniec dovrà valorizzare la trasformazione industriale contro la dismissione e delocalizzazione, lo sviluppo delle filiere nazionali. L’ad di Eni, Claudio Descalzi ha invitato ad affrontare la transizione come una priorità assoluta, lavorando per il futuro prossimo, ma con uno sguardo sul presente, ricordando che “paghiamo cinque volte il prezzo di quello che pagano gli Stati Uniti”. Il presidente di Enel, Paolo Scaroni, auspica per “centrare l’obiettivo di net zero”, un aumento delle fonti rinnovabili. “Questo prevede investimenti ciclopici – ha spiegato -, ma dovremmo tutti noi aumentare le reti di trasmissione, trasporto e distribuzione”. Infine, per l’amministratore delegato di Snam, Stefano Venier, la sicurezza energetica e la decarbonizzazione, non rappresenteranno un processo lineare perché vivono di “discontinuità tecnologica e di investimenti”.