La storia del rabarbaro ha radici che risalgono a quasi tremila anni fa, quando l’imperatore cinese Shen Nung ne lodò le proprietà salutari nel suo compendio sulle erbe medicinali. Egli descrisse lo descrisse come un vegetale emolliente, diuretico e tonico. Nonostante questo inizio promettente, ci vollero diversi secoli affinché la fama della pianta si diffondesse al di fuori dell’estremo oriente. Fu grazie ai medici greci Dioscoride e Alessandro di Tralles che il rabarbaro iniziò ad attrarre l’attenzione dell’Europa orientale e settentrionale. Successivamente, gli esploratori dell’epoca, come Marco Polo, contribuirono a garantire la sua diffusione in tutto il Continente. È interessante notare che Marco Polo fu persino coinvolto nella codificazione del termine “reubarbaro” nella bozza dell’epoca italiana.
Il rabarbaro arrivò nel Mediterraneo in tempi più recenti e attualmente nei Paesi nordeuropei, anglosassoni e negli Stati Uniti, è utilizzato nella pasticceria, dove viene preparato in composte che attenuano la sua nota astringente, diventando così un delizioso ingrediente per torte, crostate e dolci. L’accostamento classico è quello con le fragole, sfruttando la sinergia tra due prodotti di stagione. “Nella cucina di oggi” – racconta Piermaria Trischitta, chef di Røst a Milano -, che è basata sulle freschezze e su picchi di acidità, almeno quella cui io mi sento di appartenere, molto spesso si utilizza come sostituto del limone o dell’aceto, o comunque alla parte acida del piatto”. A Copenhagen lo utilizzavamo in composte e sorbetti, che è un modo per esaltarlo al massimo. Essendo una pianta molto fibrosa deve essere cotta in una certa maniera, a me piace molto abbinarlo a preparazioni a base di latte, come un gelato di fiordilatte, crea un contrasto tra un sapore acido e uno più dolce, come quello del latte. Il rabarbaro ha un sapore deciso ma al tempo stesso delicato”
Il rabarbaro italiano è nato nel 2016 da un’azienda che lo produce in tutta Italia, la Res Naturae che si trova a Lecco. “Oggi il rabarbaro in Italia è poco conosciuto – spiega Giovanni Mazzucotelli, fondatore dell’azienda Res Naturae –, associato a ricette nordiche, oppure confuso con il gusto amaro delle caramelle ricavate dalla radice. Chi lo conosce lo ha incontrato all’estero, principalmente in Inghilterra, Francia o Germania. Ma i nostri nonni ricordano di averla coltivata nell’orto, con grande soddisfazione, soprattutto in zone di montagna. Ci raccontano che ai loro tempi era conosciuta e molto apprezzata come ingrediente per particolari confetture”. Le proprietà medicinali sono più potenti e concentrate nel rizoma della specie R. palmatum (rabarbaro cinese), mentre il rabarbaro europeo, il R. rhabarbarum, si utilizza di più in cucina. Il sapore è diverso da quello della radice, nota per il suo gusto amaro che caratterizza caramelle e liquori. I piccioli sono, infatti, gradevolmente aspri, un gusto difficile da descrivere, certamente da provare. Si sposa con lo zucchero, raffinato o di canna, sia in ricette dolci che salate. Sono famose le marmellate e le torte al rabarbaro, ottimi anche gli abbinamenti con carni grasse o formaggi.