martedì, 17 Dicembre, 2024
Il Cittadino

L’agorazonta Fiorello e il post-social

Venerdì 9 giugno si è celebrata l’ultima puntata della fortunatissima trasmissione radio-televisiva “Viva Rai 2”, con la partecipazione straordinaria – divertita, per  quanto muta – dell’a.d. della Rai, Roberto Sergio. Fiorello ha giocato con lui, come ha fatto con un altro centinaia di ospiti durante le 115 puntate della trasmissione (cui vanno aggiunte le quattro o cinque di “Viva Sanremo”).

Il radio-show Fiorelliano – proposto come programma radiofonico, ma da subito realizzato come un ricco varietà televisivo – ha avuto una vasta eco mediatica. Ne hanno parlato tutti, persino il super critico televisivo Aldo Grasso, che gli ha dedicato un sontuoso “Padiglione Italia” domenica 28 maggio 2023 sul Corriere. Addirittura Fiorello ha realizzato un triplete con Bruno Vespa: intervista “Cinque minuti”, il classico “Porta a Porta” ed un siparietto lungo alcuni minuti di Vespa con Fabrizio Biggio e Mauro Casciari: due spalle, più che due co-conduttori, prima di Fiorello pressoché sconosciuti al grande pubblico (almeno a me lo erano). Bravi, certo: ma occorre metterli alla prova da soli, perché Fiorello, col suo garbo e con la sua ironia, sdrammatizzando ogni situazione con un ironico e complice cazzeggio, ha fatto apparire bravo e simpatico, chiunque si trovasse al suo fianco. Un esempio clamoroso è quello del suo sarto Ruggero, che è ormai una star televisiva, quasi un beniamino, ammantato di fiorellianesimo.

Questa rubrica ha alcuni primati. Tra questi quello di essere stata la prima a rilevare che Fiorello stava facendo cultura: un po’ gettandola sullo scherzo, avevo annotato il “sucapensiero”, quella corrente culturale molto diffusa tra la Sicilia Orientale e la bassa Calabria jonica, enfatizzata, specie dopo la guerra della spunta su Twitter contro Elon Musk, da Fiorello il «saltimbanco» (la definizione è di Aldo Grasso, ma proporrei l’«agorazonta» per quanto dirò tra poche righe).

Vorrei oggi mettere in evidenza altri due positivi effetti che, a mio avviso, derivano dalla trasmissione fiorelliana e che – anche se qualcuno credo li abbia intuiti – non mi risultano enunciati.

Il primo di questi effetti mi riporta subito a Luciano De Crescenzo, filosofo e attore. Questi rivendicando una diversità dei magnogrechi (Fiorello lo è in pieno, come il sottoscritto) invitava a riflettere su un verbo, esistente soltanto nella lingua greca, quindi intraducibile se non con un giro di parole: “agorazein” che, spiegava, «vuol dire “recarsi in piazza per vedere che si dice” e quindi parlare, comprare, vendere e incontrare gli amici; significa però anche uscire di casa senza un’idea precisa, gironzolare al sole in attesa che si faccia ora di pranzo, in altre parole “intalliarsi”, come si dice dalle nostre parti, ovvero attardarsi fino a diventare parte integrante di un magma umano fatto di gesti, di sguardi e di rumori. “Agorazonta”, in particolare, è il participio di questo verbo e descrive il modo di camminare di colui che pratica lo “agorazein”, e cioè il procedere lento, con le mani dietro la schiena e su un percorso quasi mai rettilineo» (L. De Crescenzo, Storia della filosofia greca. I presocratici, Oscar Mondadori, 2013).Fiorello ha promosso questo andare in giro, che la nostra società aveva perduto, e che non può essere confuso col navigare in internet. Non è la stessa cosa. In giro, nella piazza, si diceva sempre qualcosa, c’era sempre una novità, anche se nessuno parlava.«Che si dice in giro?» era la prima domanda che mi faceva mio padre quando rientravo a casa. Ma anche la domanda rivolta dal professore allo studente che era stato fuori paese, o all’amico dopo un’assenza. Per capire la domanda e, soprattutto per rispondere, bisognava avere maturato la particolare cultura magnogreca: esercizio di sensibilità dato dalla capacità di percepire umori, novità, cambiamenti, più dalle cose non dette, che da quelle dichiarate.

Fiorello ha riportato la gente per la strada. L’ha fatta andare a Via Asiago veramente per vedere “che si dice”, perché le decine di migliaia di persone che in questi ultimi quattro mesi si sono avvicendate nella strada della Rai, andavano li senza essere invitate, senza alcuna certezza. Ma con la stessa curiosità che mi portava (e mi porta) ad uscire di casa e ad andare ovunque, perché ovunque si dice qualcosa. La gente ha così riscoperto (scoperto quelli della igeneration)  la possibilità di socializzare, senza social, uscendo da casa ed andando per le strade, verso la piazza, agorazein appunto.

Sulla strada c’era Fiorello: curioso, attento e rispettoso di tutti.

Così la gente, non appena saputo che Via Asiago si animava ben prima dell’ora del programma (le sette e un quarto), ha cominciato ad affollarla col buio. Il baretto di Via Montello (la strada perpendicolare a Via Asiago), ribattezzato “Guerre Stellari”, ha la sua ora di punta tra le cinque e le dieci del mattino e Via Asiago è sempre stata più affollata. Non soltanto di curiosi, ma anche da sconosciuti artisti: giovani che volevano porsi all’attenzione, ma anche anziani che nulla avevano da chiedere, ma che volevano manifestare la loro presenza al mondo; un esempio è quel signore  che è stato presente a tutte le puntate ogni volta con un costume antico curato nei minimi particolari.

Fiorello ha pervaso della sua luce tutti i personaggi che gli si sono avvicinati: mostrando il lato migliore più leggero e simpatico, a volte inedito, di quelli noti (chi, non conoscendolo, si immaginava che il sentimentale Gabriele Muccino sapesse anche sorridere); ma soprattutto facendo conoscere al grande pubblico una miriade di artisti sconosciuti, che hanno da ora una strada aperta. Una funzione già svolta da Renzo Arbore: ed il paragone tra i due grandissimi non convenzionali showmen mi era apparso inevitabile fin da quando avevo citato De Crescenzo.

Ma la maggior parte della tanta gente che è andata a Via Asiago non era lì per proporsi: ma perché aveva la certezza che avrebbe incontrato l’agorazonta Fiorello girovagare tra la gente, parlare con loro come uno di loro: insomma, cosa divenuta rara dalle nostre parti, sentirsi considerata alla pari per il semplice fatto di essere una persona.

Questo è il secondo effetto positivo che mi sembra possa essere rilevato.

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