La visita lampo di Giorgia Meloni a Tunisi è un altro passo in avanti per evitare il collasso di un Paese che sta a poche miglia dalle coste italiane e quindi dal confine sud dell’Europa. Se dovesse mancare ossigeno finanziario alla fragile economia tunisina il rischio sarebbe enorme. Un default scatenerebbe una fuga in massa di migliaia di cittadini che cercherebbero in Europa condizioni migliori. L’Italia sarebbe, ovviamente il punto di approdo più vicino per un’ondata migratoria di proporzioni imprevedibili. Non si tratta di avallare un regime che ha cancellato molte garanzie democratiche, né di puntellarlo con aiuti economici.
Il Governo ha ben chiara la posta in gioco e si sta adoperando al meglio per evitare il peggio.
Anche per questo Meloni è in prima linea per convincere il Fondo Monetario Internazionale a concedere con urgenza una prima tranche di un prestito che è l’unico strumento concreto che ha la comunità internazionale per salvare la Tunisia.
Peraltro l’operazione Tunisia rientra i una strategia di politica mediterranea che Meloni e Tajani hanno impostato fin dall’inizio con obiettivi ambiziosi. Meloni ha parlato di un Piano Matte per l’Africa che a Settembre dovrebbe concretizzare in una serie di progetti. L’Italia per decenni ha trascurato e l relazioni con i Paesi che si affacciamo sull’altra sponda del Mediterraneo. L’urgenza imposta dalla crisi del gas ha costretto l’Italia a svegliarsi da un lungo letargo e a scoprire in breve tempo che poteva e doveva darsi da fare. Così è venuta fuori l’ambizione di diventare l’hub dell’energia tra Africa ed Europa. Ma non solo. L’Italia per la sua collocazione geografica e la storia recente è il paese europeo che ha meno problemi con gli Stati africani. Deve quindi intensificare la sua politica estera e fare da apripista per una politica europea e occidentale diversa dal passato, conflittuale o predatorio.