Un recente studio condotto dal Centro di ricerca per l’innovazione del settore bancario (Abi Lab) e la Società italiana per l’etica dell’intelligenza artificiale (Sipeia) per l’azienda Deloitte, dimostra che l’interesse per questa tecnologia in Italia sta significativamente crescendo. Lo studio ha coinvolto 47 imprese operanti in diversi settori e i risultati mostrano che il 40% ha già soluzioni di AI in fase di produzione, il 23% le sta sperimentando ma solo il 12% ha un modello di risk management per gestirla e solo il 19% ha definito processi per valutarne la conformità alle normative vigenti. Nel report appare che il 94% delle realtà coinvolte ritiene che la tecnologia sarà fondamentale per restare competitive nei prossimi 5 anni grazie alla riduzione dei costi, il miglioramento dei processi decisionali e l’ottimizzazione dei prodotti e dei servizi esistenti.
A confermare questi dati è Flippo Barbetta, Ceo di Tai- Think About it: “L’intelligenza artificiale può migliorare il marketing e le vendite, conoscendo le esigenze e le abitudini del cliente, offrendo prodotti o servizi migliori, smaltendo le complessità delle aziende, impiegando le persone non in pure operazioni di calcolo, ma in compiti che ne valorizzino l’alta professionalità. C’è una resistenza culturale nei confronti di una risorsa tecnologica che può aiutare anche le piccole e medie imprese, eppure la stiamo già utilizzando, quando, ad esempio, vediamo un film su piattaforma e l’AI ci propone film o serie tv che incontrino i nostri gusti o ci aiuta con il pilota automatico di un aereo. Non avrà nessun impatto disastroso e apocalittico. Al contrario, può creare lavori nuovi e, di conseguenza, posti di lavoro. Per quanto riguarda le PMI, che sono la spina dorsale del Paese – prosegue Barbetta -, l’AI può aiutare a migliorare gli aspetti di marketing e vendita, ma anche la produttività. Il lavoro umano avrebbe una centralità maggiore perché sarebbe più strategico, più valorizzato, mentre la macchina verrebbe destinata a fattori analitici e meramente ripetitivi. Inoltre potremmo conoscere con anticipo e in modo preciso le esigenze e i desideri dei clienti tramite delle stanze di chat che ci aiutano a profilare meglio i loro bisogni”.
Le aziende indicano che le aree su cui intendono concentrarsi sono l’elaborazione intelligente dei dati (50%), i chatbot e gli assistenti virtuali (48%) e la progettazione del linguaggio naturale (44%), utilizzando principalmente metodologie Agile e un modello di servizio ibrido che combina tecnologie sviluppate internamente e in outsourcing, ma sottovalutano ancora le metodologie per garantire il rispetto dei principi etici nell’uso dell’AI. Investono nella privacy (58%), nella sicurezza (52%) e nella robustezza dei sistemi (27%), ma dedicano meno attenzione alla trasparenza (19%) e all’equità (15%). Le aziende che invece si sono mostrate più virtuose nell’adottare processi per garantire la correttezza e la trasparenza dei sistemi sono quelle che hanno un numero elevato di soluzioni di AI in produzione e che la utilizzano da 3 a 4 anni. Il settore di appartenenza delle aziende, inoltre, è un fattore determinante per l’adozione di una strategia idonea: il 60% delle aziende finanziarie ha già definito una strategia di Intelligenza Artificiale rispetto al 14% delle aziende del settore industriale.