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MOSCA RUSSIA CREMLINO PIAZZA ROSSA

I giochi di potere all’ombra del Cremlino

Il ministero della Difesa russa: sarà punito chi usa i nomi di Wagner e Prigozhin
domenica, 28 Maggio 2023
1 minuto di lettura

Che sta succedendo a Mosca? È davvero in atto una complessa partita a scacchi tra lo zar, le forze armate, i servizi segreti e le teste calde, come Medvedev e Prigozhin? Proviamo ad avanzare qualche ipotesi. Putin vuol apparire come l’ancora del sistema. Indossa la maschera del “moderato” rispetto sia alle intemperanze verbali del bombarolo atomico a chiacchiere, Medvedev, sia alle sparate di Prigozhin, l’ex “cuoco” diventato “macellaio”. Medvedev e Prigozhin non sono due oppositori di Putin ma due creature dello zar che lui cerca oggi di utilizzare al meglio per conservare il potere. Ma allora chi è il nemico? Usando la logica, e leggendo i proclami sempre più offensivi di Prigozhin contro gli uomini con le stellette par di capire che Putin possa aver paura o dei servizi segreti – che erano contrari alla guerra – o addirittura delle Forze armate. I militari sono quelli che stanno pagando il prezzo più alto. Gli alti comandi sono consapevoli dell’impossibilità di vincere una guerra sbagliata in partenza che fa comodo solo al capo ma non certo ai generali che piangono i loro colleghi e soldati, subiscono umiliazioni continue sul campo e da parte del Cremlino e, forse, vorrebbero chiudere il prima possibile questo inutile massacro.

Putin ha deluso il suo popolo. La guerra lampo non ha funzionato, ha provocato circa 200mila morti. Il prestigio all’estero dello zar è definitivamente compromesso, infangato dal mandato di cattura della Corte penale internazionale e offuscato definitivamente dall’ombra di Xi Jinping. Ma Putin è un dittatore che viene dal KGB, comanda da più di 20 anni ed è intenzionato a farlo fino al 2036, bontà sua. I dittatori sbagliano spesso decisioni importanti in politica estera, non resistono alla tentazione di scatenare guerre che quasi sempre perdono. Ma, nella gestione del potere interno al loro Paese, -la storia anche nostra insegna- sono abili a proteggere la loro poltrona.

In vista delle elezioni presidenziali del 2024 Putin deve creare una linea di protezione intorno a sé e accreditarsi come il capo che sa mediare tra le presunte diverse anime di un regime e dimostrare che solo lui può guidare la Russia disorientata. Ma l’anima del regime è una sola, quella di Putin, alla quale si può contrapporre non una personalità democratica ma solo un uomo di apparato che vuole farla finita con questa guerra, evitare altri lutti, rassicurare un Paese allo sbando e provare a ripartire su basi diverse. Chi può insidiare Putin se non un uomo dei servizi di sicurezza o, meglio un militare con la testa sul collo a cui l’dea di usare le testate nucleari, anche tattiche, fa ribrezzo e che potrebbe invece capirsi meglio con la Nato?

Giuseppe Mazzei

Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore

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