Niente recessione, crescita migliore del previsto, inflazione ancora alta ma in discesa, costi dell’energia in calo, nessuna rincorsa prezzi-salari, contratti a tempo indeterminanti che aumentano più di quelli a termine. Insomma il 2023 dovrebbe andare abbastanza bene per l’economia italiana. Musica per le orecchie del Governo ma anche richiamo a non cullarsi sugli allori.
Meloni dovrebbe cogliere le opportunità di questo andamento positivo dell’economia per accelerare sulle riforme strutturali necessarie per far risalire la competitività del sistema Italia. Poco o nulla è stato fatto negli ultimi anni in questa direzione.
I buoni risultati negli ultimi tre anni sono in gran parte dovuti al dinamismo straordinario della nostra impresa manifatturiera, soprattutto piccola e media, che si è data da fare, ha saputo cogliere le opportunità della ripresa post-covid e ha portato a casa risultati eccellenti. Ma non può bastare.
Se qualche piccolo passo avanti è stato compiuto con alcune riforme imposte dal Pnrr, ma ancora in fase di attuazione, molto resta da fare per recuperare l’efficienza di cui l’economia italiana ha bisogno. E solo attraverso questo recupero ci saranno le condizioni per far crescere in maniera significativa le retribuzioni che ristagnano da almeno 20 anni e che in termini reali hanno segnato un arretramento con un impoverimento preoccupante per una larga fascia di lavoratori e del ceto medio.
Competitività ed efficienza
Burocrazia, servizi carenti e distorsioni dei mercati sono gli ostacoli maggiori. Avendo un orizzonte di 4 anni e mezzo il Governo può e deve intervenire con decisione adottando anche provvedimenti drastici. In particolare bisogna radicalmente cambiare la Pubblica amministrazione, non con riforme macchinose e piene di buone intenzioni, ma intervenendo concretamente su processi, organizzazione, riqualificazione e ottimizzazione del personale. Bisognerà prendere di petto il problema della incapacità dell’Italia di spendere risorse disponibili: un problema in gran parte dovuto alla farraginosità delle procedure e alla confusione dei poteri tra Stato, Regioni e Comuni.
Come fare? Servono tavoli tecnici specifici su singole materie con tempi definiti per l’elaborazione di proposte. Intorno a questi tavoli devono sedersi non solo accademici e grand commis de l’état. Bisogna coinvolgere soprattutto le forze produttive del Paese, ascoltare le loro esigenze e insieme a loro identificare gli interventi chirurgici da realizzare con molta concretezza e determinazione.
Altrimenti, passato l’effetto del Pnrr l’Italia tornerà nel grigiore di una crescita insufficiente che farà crescere povertà, emarginazione, frenerà la domanda interna e cin indebolirà nel medio termine anche nella nostra capacità di competere sui mercati internazionali.