Leggendo l’ultimo lavoro del Prof. Luigi Mazzella, giurista, ex giudice della Corte costituzionale ed ex ministro della funzione pubblica, si ha l’impressione di entrare in una galassia platonica parallela dove ci si confronta con il ragionamento stesso in riferimento alla libertà di pensiero e all’importanza di avvalersi quotidianamente, di un minimo di raziocinio.
Lo strumento narrativo messo in piedi per questo libro abbastanza impegnativo ma intellettivamente stimolante, consente all’autore campano di rappresentare un raffronto di idee simili o vicine e un confronto con opinione contrarie, per favorire in ogni caso la ricerca di una conoscenza libera, non addomesticata al pensiero dominante.
Quo usque tandem; fino a quando l’Occidente, il Vecchio e il Nuovo Continente, continuerà ad avvoltolarsi nell’irrazionalismo della sua vita individuale e collettiva che ormai rasenta la stupidità anche agli occhi dei suoi più convinti elogiatori?
La domanda ciceroniana che pone Luigi Mazzella per quanto riguarda l’Italia, è rivolta solo al popolo italiano che “di (sua) natura è frutto ogni (sua) vaghezza” per parafrasare il noto verso de Il passero solitario di Giacomo Leopardi.
L’Italia rivelerebbe un livello di putredine addirittura superiore a quello di ogni altro Paese europeo secondo Mazzella il quale si riferisce soprattutto alla gestione della pandemia e all’imposizione del vaccino obbligatorio in assenza di basi scientifiche certe. Alla luce di quanto ha dichiarato L’F.D.A, ovvero che “Il vaccino non deve evitare i contagi”, ha ragione Mazzella nel costatare assurdità clamorose nel comportamento della sua classe politica e dirigente; che non ha neppure parlato di aderenza o contrarietà alla Costituzione.
Mazzella ci induce a riflettere, attraverso lo scambio di vedute tra Filippo e Cristina, compagni di vita e protagonisti del suo romanzo, anche sulla funzione della scienza e sulla sua libertà di pensiero e di azione, concetto che ha trovato e trova spazio anche per la strettissima attualità.
Secondo Mazzella viviamo in un periodo di irrazionalità e quindi tutti i comportamenti irrazionali possono determinare degli eventi anche tragici. Siamo nell’irrazionalità perché anziché fondarci sulla logica sui ragionamenti, siamo vittime di passioni diverse che possono scatenare contrasti.
L’aspetto più interessante di Quo usque tandem, è l’esaltazione della libertà di pensiero proveniente dai greci e dai romani, cui secondo Mazzella si dovrebbe ritornare.
Con la scomparsa del logos infatti, che caratterizzava la vita umana dei Greci e dei Romani, e con l’affermazione della passione religiosa e dell’idealismo, l’Occidente ha smarrito la capacità di dialogare e di trovare soluzioni razionali per fronteggiare i problemi come la pandemia e la guerra russo-ucraina.
Tuttavia bisogna sottolineare che né i greci, né i romani, né gli asiatici sapevano che l’uomo in quanto uomo è nato libero: nulla sapevano di questo concetto. Essi sapevano che un ateniese, un cittadino romano, un ingenuus, è libero: che si dà libertà e non libertà. Non sapevano tuttavia che l’uomo è libero come uomo – cioè l’uomo universale, l’uomo come lo prende il pensiero e come esso si apprende nel pensiero. È il cristianesimo che ha portato la dottrina che davanti a Dio tutti gli uomini sono liberi. Il progresso enorme è che queste determinazioni rendono la libertà indipendente dalle condizioni di nascita, stato, educazione, ceto, luogo, che sono ben diverse da ciò che forma il concetto di uomo per essere un soggetto libero”, come affermava Hegel.
Perché l’idea che l’essenza propria dello spirito è la libertà ha potuto porsi solo con l’annuncio cristiano?
Il fatto a noi più evidente è anche il fatto più enigmatico: quello del nostro esserci.
La fede cristiana, in profonda sintonia con le esigenze esplicative della ragione, insegna che ogni e singola persona umana è creata da Dio stesso.
Se l’uomo non sporgesse sopra i meccanismi biologici che lo hanno prodotto, egli sarebbe alla completa disposizione degli stessi, senza nessuna possibilità reale di poter dire “io agisco: io scelgo…” non si può sostenere razionalmente contemporaneamente che l’uomo è libero e l’uomo è solamente un individuo della specie
Questa sua originaria collocazione imprime nella nostra libertà, nel suo esercizio, un senso indistruttibile.
Libertà è capacità di rispondere, responsabilità. Nella concezione cristiana quindi la libertà umana raggiunge il suo apice nell’atto di fede che non è in conflitto con la razionalità.
La prospettiva dell’origine della libertà e la prospettiva del fine della libertà sono unificabili in un punto di vista superiore.
La meta di un pensiero libero dai condizionamenti ideologici, religiosi o politici, è ancora lontana secondo Mazzella, e forse più che una meta è una chimera. Tornare alla filosofia esistenzialistica della grande civiltà greco – romana, che è tipica della civiltà orientale, come auspica l’autore, può rendere L’Italia un Paese più pragmatico ed empirico essendo l’uomo un essere pensante, è inevitabile che non si ponga domande esistenziali alla quale seguirà, inevitabilmente, un tentativo di risposta attraverso l’attività speculativa sulla quale il pragmatismo vuole prevalere. Anche il relativismo, in cui Mazzella sembra riporre fiducia, se applicato in maniera esclusiva, bloccherebbe ogni possibilità di sviluppo per le scienze morali (storia, diritto, politica), come già notò Gian Battista Vico.