La cancellazione del Reddito di cittadinanza è ispirata al criterio di distinguere tra chi è in situazione di necessità estrema e senza un aiuto dello Stato non ce la può fare e chi, pur essendo povero, può e deve rimboccarsi le maniche e prepararsi a lavorare senza troppe chiacchiere.
Il compito svolto confusamente dal Reddito di cittadinanza viene nettamente sdoppiato con l’Assegno di inclusione (ADI) e lo Strumento di attivazione (SDA). L’assegno di inclusione dal 2024 aiuterà le famiglie più povere e chi non può lavorare: fino a 500 euro al mese cui si aggiungono 280 euro per l’affitto. Spesa prevista 5,5 miliardi. Per chi è povero ma può lavorare ci sarà un contributo per non più di 12 mesi pari a 350 euro mensili purché si impegni in percorsi di formazione o progetti utili alla collettività e non rifiuti una proposta di lavoro congrua.
Lasciamo da parte le polemiche preconcette contro tutto quello che fa questo governo e guardiamo in faccia ai problemi.
Lo SDA (strumento di attivazione) dovrebbe portare ad un aumento dell’occupazione regolare, quella contrattualizzata e senza i sotterfugi, in cui si annida lo sfruttamento. Può funzionare solo se ci sarà offerta di lavoro e se essa sarà in grado di “svegliare” chi, all’ombra del Reddito di cittadinanza, il lavoro o non lo cercava o lo rifiutava con una relativa facilità.
In pratica, la domanda e l’offerta si devono incrociare e questo richiede che funzionino davvero i centri per l’Impiego e che essi si interfaccino anche con il sistema privato delle agenzie del lavoro. Il Ministro Calderone ci ha spiegato che ci sono un milione di posti liberi per i quali non si trovano lavoratori. Secondo la Cgia di Mestre Tra il 2023 e il 2027 il mercato del lavoro italiano richiederà 3,8 milioni di addetti: di cui 2,7 milioni (pari al 71,7% del totale) in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione e più di un milione di nuovi ingressi (il 28,3% del totale) legati alla crescita economica prevista in questo quinquennio.
Insomma il lavoro non dovrebbe mancare. Ma rischia di mancare la manodopera adeguata. È su questo terreno che il Governo è chiamato a intervenire con urgenza in un dialogo costante col mondo dell’industria, del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura e delle professioni che meglio conoscono le esigenze del sistema produttivo.