Secondo i dati che emergono dalla sedicesima indagine sulla percezione del fenomeno mafioso promossa dal Centro studi Pio la Torre, con il patrocinio del ministero dell’Istruzione, gli studenti italiani ripudiano la mafia, ma cresce la loro sfiducia verso le classi dirigenti politiche. “Il ripudio della mafia da parte dei giovani è in quanto fenomeno criminale che condiziona la vita politica, la democrazia e lo sviluppo socioeconomico di tutto il Paese. Contestualmente cresce la sfiducia verso le classi dirigenti politiche, soprattutto quelle locali ritenute responsabili della persistenza e riproduzione della mafia”, ribadisce Vito Lo Monaco, presidente emerito del Centro Studi Pio La Torre. Per molti giovani le organizzazioni criminali, infine, cavalcano i fenomeni migratori. In tutto 1.431 gli studenti delle scuole superiori del territorio nazionale che hanno partecipato all’indagine in base alla quale, per il 62,61% dei giovani coinvolti, non esiste un legame fra organizzazioni di stampo mafioso e immigrazione, mentre il 37,39% è di tutt’altra opinione. Grande fiducia nei confronti dei loro insegnanti grazie ai quali hanno appreso che cosa siano la mafia, la legalità e la Costituzione Italiana, ma anche nei magistrati e nelle forze dell’ordine le cui azioni di contrasto antimafia, anticorruzione e antiviolenza diventano esempio da seguire. Ma è fondamentale la percezione che gli studenti hanno nei confronti della politica. “Alla luce della crescente astensione riscontrata in occasione delle elezioni politiche ed amministrative del 2022 e 2023 abbiamo inserito due domande che indagassero il modo in cui i giovani rappresentano la partecipazione politica e quanta fiducia ripongano nell’esercizio del voto per influenzare la politica”, sottolinea Loredana Introini, presidente del Centro Pio La Torre. Rispetto ad alcune delle diverse modalità di partecipazione attiva, grande rilievo è stato dato all’attività sociale e di volontariato (44,58%), segue la partecipazione a partiti o movimenti politici (42,56%). Si tratta in entrambi i casi – tanto nell’ambito del terzo settore quanto in quello più propriamente della politica formalmente intesa – di manifestazioni di “cittadinanza attiva vissute come espressione di un’azione di gruppo”.