Il debito pubblico nei Paesi occidentali è cresciuto costantemente dagli anni ’70, a causa del rallentamento della crescita economica e la liberalizzazione dei mercati finanziari, offrendo agli Stati maggiori possibilità di finanziamento. Uno dei Paesi colpiti è la Francia dove il debito pubblico sfiora i 3.000 miliardi di euro, ovvero tra tre e quattro volte di più rispetto agli anni 2000. In valore assoluto il debito americano è stato moltiplicato per sei in vent’anni, come quello del Regno Unito. Quello del Giappone, supera da diversi anni il 200% del PIL. Secondo il FMI, nelle economie sviluppate il debito pubblico rappresentava, nel 2021, in media circa il 120% del PIL. Primi responsabili, le crisi economiche degli ultimi vent’anni, che hanno costretto gli Stati a intervenire massicciamente a sostegno di imprese e famiglie, dispiegando sempre più denaro. La crisi finanziaria del 2008 e poi quella del Covid-19 hanno raddoppiato il peso del debito pubblico sul PIL a livello globale, tra il 2007 e il 2020, secondo il FMI. Le crisi hanno quindi sostituito le guerre, che storicamente giustificavano prestiti massicci. Inoltre, dietro questo ricorso sistematico al debito pubblico a livello globale, è all’opera un movimento potente: l’invecchiamento della popolazione, fenomeno che aumenta i bisogni sanitari e pensionistici.