Un crollo del prezzo del grano che tocca i 380 euro per tonnellata. Una caduta che mette a rischio la produzione di grano italiano che ha costi e qualità più alti. Sulla questione è intervenuta la Cia-Agricoltori.
“Se non si riconosce valore ad un prodotto che ha elevati standard qualitativi, ma costi di produzione meno competitivi rispetto a Paesi esteri, sostenere la sovranità alimentare diventa uno slogan vuoto di significato”, ha sottolineato il presidente della Confederazione, Cristiano Fini, nella riunione del Tavolo frumento duro presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, alla presenza del ministro Francesco Lollobrigida.
Grano italiano sotto attacco
Secondo Cia, in Italia è sempre più a rischio la produzione agricola di grano duro – la più estesa per superficie nel Paese – materia prima per un prodotto di eccellenza del Made in Italy come la pasta. “Il prezzo continua, infatti, a sprofondare, con un crollo delle quotazioni, che si aggira sui 380 euro a tonnellata, mentre nello stesso periodo del 2022 era di 550 euro/ton”, spiega Fini, “I margini per le aziende agricole sono così troppo esigui ed è a rischio la prossima stagione di semine. Cia segnala che stanno, invece, aumentando i prezzi dei prodotti trasformati all’interno della filiera e le esportazioni sono cresciute al ritmo del +5% nel 2022, per un valore totale di 3,7 miliardi”.
Agricoltori in difficoltà
Per la Confederazione è necessario mettere in campo quelle azioni strutturali di cui si parla da anni per riequilibrare la catena del valore, che è oggi troppo penalizzante per gli agricoltori. La Cia-agricoltori, inoltre, pone l’attenzione sulla valorizzazione dell’origine del prodotto e chiede maggiori risorse da investire sui contratti di filiera che favoriscano le produzioni domestiche, incentivando la coltivazione del grano duro Made in Italy.
Battere le speculazioni
Per una strategia di medio/lungo periodo Cia ritiene, inoltre, necessari forti investimenti in ricerca per aumentare le rese e favorire produzioni sempre più sostenibili anche in chiave ambientale. “Il rafforzamento della filiera aumenterebbe così gli investimenti dei nostri produttori e ridimensionerebbe il ricorso all’import”, puntualizza Cristiano Fini, “bisogna dare una forte spinta propulsiva al comparto e ridurre drasticamente la dipendenza dal prodotto estero”. “Per implementare l’autosufficienza nazionale e aiutare le aziende a produrre più grano di qualità”, chiede il presidente della Confederazione, “come richiesto dell’industria molitoria, occorre lavorare sulla trasparenza dei prezzi con il ripristino della Cun (Commissione unica nazionale) favorendo il dialogo interprofessionale ed è allo stesso tempo necessaria l’istituzione di Granaio d’Italia e del relativo Registro Telematico dei Cereali, che prevede azioni di contrasto verso i fenomeni speculativi”. “Si devono”, conclude il presidente della Confederazione nazionale degli agricoltori, “studiare con Ismea nuovi strumenti che certifichino i costi di produzione del grano duro”.