venerdì, 15 Novembre, 2024
Società

La festa dei nuovi inizi

Pasqua, bellissima festa cristiana. È la festa che fin dal suo nome celebra un «passaggio», un andare oltre. È nell’Antico Testamento il ricordo della fine della schiavitù del popolo ebraico, che sotto la guida di Mosè si mise in marcia dall’Egitto verso la Terra Promessa. Un memoriale, legato probabilmente a riti ancora precedenti determinati dal primo plenilunio di primavera, ove il Cristianesimo però ci ha aggiunto il ricordo della Passione, della morte e della Resurrezione del nostro Redentore. Perché “il passare oltre” e la liberazione non sono solo di un popolo, ma di ciascun individuo, di ciascuno di noi. Ecco la simbologia straordinaria della Pasqua.

A tutti noi, indipendentemente da cosa ci abbia riservato di bene o di male il destino, è necessario andare oltre, rinnovarsi, risorgere. E Dio gli occhi ce li ha messi davanti proprio per guardare avanti, costruire sempre un nuovo futuro. La mia esperienza di medico, che mi tiene da decenni a stretto contatto con la sofferenza umana, non lascia dubbi sul valore universale dell’insegnamento simbolico di questa ricorrenza. Ogni sofferenza umana , ogni ammalato, deve vivere la speranza della propria Pasqua per una sempre attesa risorta guarigione. Come con il Natale si nasce con la Pasqua si risorge. Non parliamo esclusivamente o necessariamente di drammi o accadimenti epocali (oggi tanti da elencarne da pandemie , guerre, transumanze umane, carestie, declini ambientali): il mio cammino professionale, ad esempio, si appresta a vivere nuovi momenti ed orizzonti professionali, nuove destinazioni, nuovi progetti, nuovi incontri. Una sorta di risorgimento personale certamente accompagnato dalle sue incertezze e dalle sue paure. Proprio qui il valore della Santa Pasqua nel corroborare me e tutti noi di quella straordinaria energia necessaria per reggere alle nuove sfide e ai nuovi cambiamenti quasi sempre utili o meglio necessari per essere migliori.

Ed è forse questo il significato anche di espressioni popolari come l’essere «felici come una Pasqua»: perché ogni travaglio prelude a una rinascita e ogni rinascita va vissuta come una gioia.

Non sono un teologo ma credo che cogliere questo insegnamento abbia un valore profondamente spirituale e religioso. Pensate a quello che dice l’Angelo alle Pie Donne che si recano al Sepolcro: «Perché cercate fra i morti Colui che è vivo?», scrive il Vangelo di Luca. Perché il Cristo vivente non è un ricordo, ma una presenza attuale. È stato Lui stesso a dire «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Vangelo di Matteo) e non lo ha certo detto per mancanza di rispetto ai defunti e alla loro memoria. Lo ha detto per incitarci a fare buon uso del tempo che abbiamo, a non disperderlo e sprecarlo in sterili nostalgie.

Il Cristianesimo libera dalla morte non soltanto per la sua promessa di vita eterna, ma perché ne proclama la sconfitta in questo mondo, innalza e valorizza sempre le ragioni della vita. Ragioni che possono essere di guida e di riferimento anche a chi non crede. Abbiamo tutti bisogno di un tempo da vivere, non da tenere in un museo o da rimpiangere. Un tempo che ci accompagni dai nostri primi passi nella vita fino agli ultimi. Di cui non conti la durata, ma l’intensità. Perché si può arrivare a cent’anni senza aver vissuto davvero un solo giorno. L’augurio per questa Santa Pasqua da fare a tutti noi, a cominciare da me, è che il Risorto benedica sempre ogni nostro nuovo inizio, ogni cominciamento, ogni speranza. Perché è questo che muove il Creato. Buona Pasqua a Tutti.

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