Dott. Del Biondo, Lei è dal 2022 Direttore f.f. UOC Urologia dell’Ospedale del Mare di Napoli, ed è ad oggi in Italia un’eccellenza contesa a livello internazionale nel campo della chirurgia robotica. È infatti l’inventore della famosa ed innovativa tecnica “Vesuviana” di ricostruzione della vescica post-cistectomia? Ci spiega in cosa consiste?
È una tecnica robotica di ricostruzione intracorporea della vescica, rimossa per patologie tumorali e non, attraverso un tratto d’intestino. Nasce dall’esigenza di dare una risposta sempre più innovativa a una tematica di crescente interesse: il tumore vescicale. Quest’ultimo è in costante aumento nei Paesi industrializzati rappresentando il 70% delle forme tumorali a carico dell’apparato urinario e il 3% di tutta la patologia oncologica.
Laddove le caratteristiche tumorali lo permettano si attuano delle ricostruzioni della vescica post-cistectomia. Ad oggi, la ricostruzione vescicale viene affrontata con derivazioni esterne continenti e non continenti o con derivazioni continenti ortotopiche (neovesciche): queste ultime permettono al paziente di riprendere il proprio quotidiano senza penalizzazioni. Le tecniche intracorporee robotiche sono però gravate da una certa difficoltà di esecuzione e da tempi chirurgici importanti: questo fa sì che meno del 20% delle strutture che eseguono Cistectomia Robotica confezionino derivazioni intracorporee.
Presso l’Ospedale del Mare, l’Urologia, nata nel 2018, ha sempre avuto una netta vocazione alla chirurgia robotica e abbiamo pensato di rendere la ricostruzione intracorporea il più performante possibile proprio semplificando l’esecuzione robotica con netto vantaggio sui tempi chirurgici. Strategica è stata la collaborazione anche con il Professor Sertac Yazici, responsabile della Chirurgia Robotica Urologica dell’Università Hacettepe di Ankara che sta permettendo alla tecnica di varcare i confini nazionali generando molto interesse soprattutto in Medio Oriente. Oggi la VON (Vesuvian Orthotopic Neobladder) è stata pubblicata in riviste scientifiche internazionali e presentata in molti congressi. Il nostro auspicio è quello di permettere a un numero sempre maggiore di centri specializzati di affrontare una tecnica considerata da sempre ad alta complessità e di dare nuove possibilità ai pazienti affetti da cancro alla vescica.
Un grande orgoglio per l’Ospedale del Mare e per la tutta regione Campania (in verità a volte contestata ed oggetto di polemiche) poter restituire ai pazienti dopo operazioni tanto invasive una “normalità”. Questo influisce a livello psicologico ed impatta sulla qualità di vita dopo patologie tumorali. Come sta cambiando la sanità?
La sanità è sempre più globale come la nostra società: le prestazioni che oggi sono eseguibili nei nostri Ospedali permettono ai pazienti di curarsi nelle Regioni di appartenenza rendendo anacronistici i viaggi della speranza. L’alta qualità della formazione dei nostri professionisti e la visione moderna e attenta delle nostre amministrazioni ci rende sempre più aderenti ai principi istitutivi del SSN cioè della globalità delle prestazioni, dell’universalità dei destinatari e dell’uguaglianza dei trattamenti. È questo che garantisce in concreto il diritto alla salute… un diritto a km 0.
Ha ricevuto premi e riconoscimenti internazionali, quale il suo maggior orgoglio?
Il mio maggior orgoglio è aver armonizzato una squadra di medici e personale sanitario con una età media inferiore a 40 anni in un DEA di II Livello che si occupa indifferentemente dell’urgenza di una grande area metropolitana e dell’elezione con la chirurgia robotica più innovativa oggi in campo. È un percorso di formazione e studio perennemente in evoluzione che trova la propria forza in una grande identificazione nella squadra, ma alla base c’è soprattutto il convincimento che curare il paziente non è limitato all’atto chirurgico, ma è una gestione a tutto tondo.
Quanti interventi chirurgici ha realizzato fino ad oggi?
Ho iniziato ad operare nel 2009 e ad oggi tra chirurgia open, laparoscopia, endoscopia e robotica ho collezionato circa 2000 interventi. Ma credo che i numeri contino fino a un certo punto. Ciò che credo sia importante è la pluralità degli interventi. Un reparto cresce quando i suoi operatori offrono la possibilità di trattare più patologie. È questo il messaggio che cerco di trasmettere ai colleghi che operano con me: legarsi a un solo intervento è poco vantaggioso perché l’evoluzione chirurgica determina spesso il superamento di tecniche considerate eterne con soluzioni assolutamente inedite. L’allenarsi chirurgicamente su più interventi crea inoltre un potenziamento del problem solving chirurgico anche nei colleghi giovanissimi che quindi cominciano a comprendere che la chirurgia non è una scienza esatta, ma al contrario è caratterizzata da una forte variabilità. È affrontare la complicanza che fa la differenza. Questo permette al chirurgo di sviluppare il bilancio tra prudenza, audacia e rispetto del paziente. La mia passione rimane però sempre la chirurgia robotica per le possibilità di innovazione che ancora riserva e l’urgenza che rimane per il chirurgo sempre il maggior banco di prova con sé stesso. È lì infatti che, nella solitudine del chirurgo, che emerge tutta la propria esperienza. È un modo per non sentirsi mai arrivati.
Dove arriverà la chirurgia robotica nei prossimi anni?
Ovunque, in tutti gli ospedali. La crescente offerta di sistemi robotici, che speriamo porti a un’abbattimento dei costi, permetterà a tutte le strutture di dotarsi di tale tecnologia modernizzando la gestione chirurgica del paziente. Sarà inoltre possibile così una formazione di maggior respiro per una nuova generazione di chirurghi. Dare gli strumenti per il cambio generazionale, ad oggi complesso, è a mio parere, la grande sfida sanitaria del nostro Paese, perché sono le risorse umane a fare la differenza.
La sua esperienza dimostra che le strutture ospedaliere italiane d’ eccellenza devono valorizzare giovani talenti (lei per esempio ha 45 anni) per innovare con tecniche e migliorare la vita dei pazienti con un lavoro di squadra che punti sulle tecnologie più avanzate e sulla qualità del servizio. È d’accordo?
Tutti questi fattori, frutto di studio, sacrificio e passione sono volti ad ottenere l’ultimo tassello del nostro mosaico, il più importante: la fiducia del paziente.