Con il Decreto Ministeriale 256 del 22 giugno 2023 l’allora ministro dell’Ambiente, Roberto Cingolani, ha fissato i nuovi “criteri minimi ambientali” (CAM), che regolamentano la raccolta e il trasporto dei rifiuti urbani nonché la fornitura di buste e contenitori per i rifiuti come i cassonetti. Criteri che hanno suscitato non poche perplessità nei produttori di plastica per alcune difficoltà oggettive nel riuscire ad applicare tutte le nuove regole. Il nostro giornale, attento da tempo alle tematiche ambientali, ha voluto approfondire la questione intervistando i diretti interessati. Abbiamo cominciato dal responsabile della comunicazione della Jcoplastic S.p.A. di Battipaglia, che da 60 anni riveste una posizione di spicco nel settore della progettazione e produzione industriale di contenitori in materiale plastico.
Dottor Mansi, che opinione ha dei CAM?
Lo sforzo compiuto dal Ministero è encomiabile nello spirito che lo ha spinto a una regolamentazione del riciclo plastico da tutti noi auspicata. Ma l’impressione che abbiamo avuto durante le interlocuzioni preliminari è che ci sia una scarsa competenza dei processi industriali che evolvono molto più rapidamente delle normative.
Nel senso che sono richiesti requisiti tecnici inapplicabili?
In effetti rileviamo alcune incongruenze. La principale riguarda il colore del polietilene derivante da materie prime seconde con cui si devono produrre i cassonetti per la Pubblica Amministrazione. Provenendo da contenitori di natura diversa, il colore che ne viene fuori è in gergo definito “floreale”, perché misto. Quindi l’unico colore possibile per uniformare il tutto, sia vasca che coperchio, è il nero. La direttiva invece parla di nero, grigio o colori scuri lasciando la discrezionalità agli enti locali di scegliere il colore e le sue sfumature. Ma noi sappiamo che è impossibile renderli gialli, blu, marroni se si vuole rispettare l’obbligo di utilizzare almeno il 50% di polietilene riciclato.
Vuol dire che se vediamo per strada cassonetti di colori diversi non sono conformi all’attuale normativa?
Non proprio, i cassonetti attualmente in strada rispondono ai parametri presenti nei CAM precedenti; dall’entrata in vigore dei nuovi CAM dovremmo spettarci un cambiamento. Anche se il controllo a valle dell’effettiva applicazione dei CAM è complesso non essendo possibile una valutazione tecnico/scientifica delle percentuali dei materiali impiegati.
Esiste un controllo sull’approvvigionamento dei materiali, giusto?
Si. Le materie plastiche provenienti dalla raccolta dei rifiuti urbani provengono solo dal Consorzio di Recupero Plastica (Co.Re.Pla) del Conai, che però non certifica ancora la tipologia delle plastiche messe all’asta.
E questo ha un ricasco sulla vostra produzione?
Certo, perché per i contenitori di rifiuti è necessario utilizzare solo il polietilene ad alta densità, se si vogliono rispettare tutti i requisiti richiesti da una normativa molto severa, soprattutto in termini di resistenza del prodotto e tutela dei lavoratori. Quindi il materiale che proviene dal Co.Re.Pla deve essere selezionato nuovamente qualora possibile e trasformato in modo da poter essere reso compatibile con i nostri impianti. E questo ha un costo.
Non ci sono alternative al Conai?
È possibile approvvigionarsi direttamente presso gli enti locali o grandi realtà imprenditoriali che dismettono i loro contenitori, il cosiddetto “fine vita”. Noi lo facciamo da 60 anni ed inoltre da tempo certifichiamo l’utilizzo di riciclato attraverso marchi riconosciuti da enti certificatori. Questa prassi con i nuovi CAM è divenuta obbligatoria. E anche questo rappresenta un costo a carico dell’azienda.
Quindi voi auspicate una revisione del Decreto?
Così come è stato scritto complica molto l’attività delle aziende nel partecipare agli appalti pubblici. Per vedersi riconosciute delle premialità occorrono grossi investimenti nella reingenirizzazione dei processi aziendali. Sarebbe anche importante creare un vero e proprio mercato delle materie prime seconde in modo da stabilire delle quotazioni fisse per evitare le oscillazioni di prezzo. Come pure un sistema di premialità fiscale per le aziende “green” che utilizzando materia prima seconda contribuendo a ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti plastici.