Si stima che i malati rari in Italia siano oltre 2 milioni e di questi 1 su 5 è un bambino. Le malattie rare ad oggi conosciute sono tra le 7.000 e le 8.000 e sono generalmente gravi, spesso croniche, talvolta progressive, non sempre facilmente diagnosticabili. Circa il 30% dei malati rari, infatti, non ha una diagnosi e rischia di convivere con una malattia che resterà per sempre senza nome. “Per migliorare la qualità di vita di un malato raro, servono risorse, per mantenere e implementare in modo omogeneo lo screening neonatale in tutta Italia, in un percorso, che inizia prima del concepimento e che accompagni neonato e famiglia sin dalla diagnosi della malattia. L’ampliamento del panel di screening neonatale a nuove patologie ha però anche bisogno di un aggiornamento del modello organizzativo, che comprenda competenze e professionalità specifiche”. hanno affermato la Società Italiana di Neonatologia (SIN) e UNIAMO Federazione Malattie Rare.
“Le indagini di Eurordis hanno permesso di quantificare in oltre quattro anni il ritardo diagnostico per le persone con malattia rara, senza mettere in conto coloro che stanno ancora aspettando un nome per la loro patologia”, dichiara Annalisa Scopinaro, Presidente UNIAMO Federazione Malattie Rare. “È necessario aumentare le patologie screenate via via che si sviluppano terapie, con procedimenti burocratici più snelli, sviluppando nel contempo un’accurata presa in carico successiva alla diagnosi”, ha aggiunto. I bisogni dei bambini con malattie rare sono cambiati notevolmente negli anni, in rapporto a nuove e sempre più efficaci opportunità di diagnosi, cura e prevenzione. Test genetici, terapie enzimatiche, screening metabolico esteso sono realtà che vanno consolidandosi in tutto il Paese, anche se persistono ancora profonde differenze in termini di cura e prevenzione tra neonati in rapporto alla regione di nascita. “Il nostro impegno come neonatologi è quello di garantire a tutti i bambini le stesse opportunità. Per un malato raro avere una diagnosi tempestiva alla nascita e quindi le cure adeguate, può fare la differenza, anche tra la vita e la morte”, sostiene Luigi Orfeo, Presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN). “È per questo che progetti di screening neonatale attivati a livello regionale, grazie ad alcune realtà virtuose, dovrebbero diventare più presto possibile prassi consolidata in tutto il nostro Paese, per consentire omogeneità nelle cure ad un numero di neonati sempre più ampio”, ha aggiunto.