La società in cui viviamo, con il peso che vi hanno i mass-media, fa in modo che si provi un sentimento di dimestichezza, di consuetudine, di affetto con persone che non abbiamo mai conosciuto, incontrato o visto dal vero. Non è strano, quindi, che per un telespettatore, pur non praticante come me, la notizia della morte di Maurizio Costanzo abbia rappresentato un dispiacere vero, sia pure alla stregua della scomparsa di un lontano parente che non si frequentava.
Perché ritengo che l’inventore e conduttore di tanti programmi abbia cosi ben meritato attenzione ed affetto da noi Italiani? Perché è stato il primo, e secondo me tuttora il migliore fra quanti in televisione hanno liberato la potenza della parola, facendola competere in modo efficace e spesso vittorioso con quella delle immaginisempre più potenti nella tempesta mediatica di tutti i giorni.. I talk-show di oggi, con qualche rara eccezione (penso a «Belve» con la brava Francesca Fagnani o ad alcune stagioni delle «Invasioni barbariche» della Bignardi) sono palestre gladiatorie eredi più del biscardiano Processo del lunedì che di «Bontà Loro».
Dal mio osservatorio Costanzo è stato il conduttore e l’autore televisivo che ha meglio capito quel passo di Terenzio citato da Seneca: «Sono un uomo, e credo che nulla di ciò che è umano mi sia estraneo». Farsi i fatti degli altri, imperativo categorico di qualsiasi giornalista, è stato nei programmi di Costanzo, non uno spiare dal buco della serratura o un esercizio di gossip, ma un’occasione di apprendimento e di accrescimento. All’esordio, nei primi programmi in Rai, il tratto caratteristico era quello dei contenuti: i personaggi dello spettacolo e della politica venivano chiamati a confrontarsi su terreni inconsueti, fuori della loro comfort zone, permettendo all’ascoltatore di scoprire aspetti inediti della loro personalità e biografia.
Il «Costanzo Show» segna il salto di qualità, operato in due modi: l’allargamento del novero dei protagonisti, che vanno dal premio Nobel al picchiatello che parla con gli alieni, dal ministro all’artista di strada, dall’aspirante attrice al principe del foro; e soprattutto dalla loro compresenza e commistione, dall’intreccio linguistico e fisico di mondi e storie diverse. Gli ospiti del Teatro Parioli ,ma prima ancora al Sistina, formano il movimentato spettacolo del mondo, la sempre affascinante e godibile rappresentazione della Commedia Umana ed italiana in particolare. Non aveva un copione con domande predefinite per ogni ospite ma si augurava che alla sua prima domanda l’interlocutore si lasciasse andare in modo ampio, terreno dove poi Lui affondava i fendenti delle sue curiosità costruttive per dei messaggi di civiltà crescente che dovevano passare nel correre mediatico. Uomo arguto, astuto, profondo conoscitore dell’ interiorità umana, intelligente ed intelligibile al momento giusto, quanto poteva bastare per incolonnare continui successi professionali. Forse anche in questo il suo successo con le donne seppur matrimonialista seriale.
Costanzo gestisce questo piccolo Circo delle Meraviglie con consumata abilità di professionista, ma anche con la forza di sfidare l’imprevisto: il copione del talk è per sua natura sommario e imperfetto. Può succedere che Sgarbi si prenda a male parole con qualcuno, che l’ospite preso in giro minacci querele, che Marina Lante della Rovere tiri una torta in faccia al conduttore: ma alla fine ci sarà sempre la passerella finale, la facciano Tognazzi e Vianello o Renato Dulbecco.
Certo, la trappola nascosta è quella del disimpegno, dell’idea che sia tutto andirivieni di maschere. Ma Costanzo ha avuto il merito di sfuggirle: le sue grandi trasmissioni con Giovanni Falcone, i programmi staffetta con Michele Santoro sui temi della mafia, oltre a fargli rischiare personalmente la vita, hanno rappresentato pietre miliari dell’impegno civile in tv. È stato, anche il padre della tv-trash, ha creato quelle mostruosità divenute abituali come gli smaniosi che portano come trofeo il selfie nella camera ardente al fianco della vedova? Forse, ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. Per parte mia non credo che Costanzo sia responsabile di questa deriva; anzi credo che abbia fatto di tutto per fermarla. Di questo lo ringrazio come cittadino e spero che abbia lasciato una profonda traccia per un seguito mediatico pro-attivo ad una civiltà di eloquio televisivo a volte carente delle buone