Va da sè che la soluzione al giallo del pomodoro è un orto. Sveliamolo subito. D’altronde conosciamo tutti il pollice verde, la passione per il giardinaggio, dei nostri cugini oltremanica. Per cui, tanto vale piantarseli nel giardino di casa e buonanotte.
Dove sono finite frutta e verdura?
Si, perché una delle principali notizie della settimana è stata che in UK mancavano frutta e verdura. Apriti cielo. E dagli alla Brexit. Titoli su titoli. Parte il razionamento. Ma che davero? Neanche fossimo in guerra. A parte che in guerra ci siamo, ma non è UK contro il resto dell’Europa. Certo, non è piacevole trovarsi con lo scaffale sguarnito, ma sono necessarie alcune considerazioni per cercare di capire prima di scagliarsi contro, che poi a quale titolo.
Tutta colpa della Brexit?
La prima considerazione è che si tratta da un lato del rincaro della bolletta energetica che ha reso sconveniente coltivare nelle serre; dall’altro, del maltempo sui principali paesi produttori, tipo Spagna e Marocco. Insomma una tempesta perfetta.
Dicono: si, ma altrove in Europa frutta e verdura sono arrivate regolarmente da Spagna e Marocco. Corretto. Tuttavia, sembra sfuggire un secondo aspetto: quando parliamo di Regno Unito – includendo quindi anche l’Irlanda del Nord – parliamo di isole. Terra in mezzo all’Oceano Atlantico, nella fattispecie. Questo vuol dire che la catena di approvvigionamento è più complessa. Infatti, anche l’Irlanda versa nella medesima condizione. Magari, in modo sobrio, si sarebbe potuto aprire un dibattito su come semplificare le catene di approvvigionamento per far fronte a casi eccezionali come questo, oppure sul climate change, tutt’al più. E invece.
L’importante è dargli addosso a questa Brexit. E qui la terza considerazione, che con i nostri amati ortaggi ha tanto a che vedere quanto la stessa Brexit ha a che vedere con gli ortaggi: ovvero, niente. E cioè: visto che siamo in democrazia, quel referendum lo hanno vinto i Leave con il 51.9%. Anche se a qualcuno può dispiacere, questo va rispettato: perché è casa loro, perché è un fatto che riguarda la loro società – e quindi è un fatto di politica interna in primis – e perché si tratta di processi personali complessi che è doveroso lasciar loro risolvere, drammi familiari compresi.
Non ci sono paria né Malaussène. Per cui, con spirito degasperiano, si sarebbe potuto argomentare che da vicini di casa capiamo, siamo solidali e che in ogni caso noi ci siamo. Magari qualche ortaggio sarebbe arrivato. Ma evidentemente non gira così. Ne prendiamo atto.
Come prendiamo atto dei titoli stonati di alcuni dei principali giornali progressisti che pensiamo facciano torto in primis ai propri lettori. Gli unici, a questo punto, nel pieno diritto di reclamare il proprio “take back control”.