Venerdì 10 febbraio la Banca di Russia ha lasciato il tasso di riferimento al livello precedente, ossia al 7,5 per cento, e allo stesso tempo ha aggiornato le previsioni a medio termine e la valutazione dei principali indicatori macroeconomici. Il deflusso di capitali dal Paese ha raggiunto la cifra record di 217 miliardi di dollari. Questo valore è tre volte superiore al deflusso del 2021 (72 miliardi) e più di quattro volte il risultato del 2020 (50 miliardi). Anche rispetto al record precedente, stabilito nel 2014 dopo l’annessione della Crimea e il primo round di sanzioni internazionali, la cifra è aumentata di 67 miliardi di dollari.
È importante rilevare che il risultato del 2022 sia stato raggiunto in condizioni non solo determinate dalle dure sanzioni internazionali, che hanno influito sulla concreta possibilità di movimentare denaro dalla Russia verso l’estero, ma anche in presenza di restrizioni – senza precedenti – imposte dalla stessa Banca di Russia. Queste ultime miravano non solo a impedire il ritiro (e l’esportazione fisica) di valuta estera dal Paese, ma anche a rendere il più costoso possibile il suo deposito nelle banche russe.
Per essere chiari, se prima anche una semplice operazione di cambio valutario ricadeva sotto il cosiddetto “deflusso di capitali” (chi acquistava dollari o euro con parte del proprio stipendio – attraverso l’applicazione mobile Sber o VTB – lasciava tale importo su un proprio conto presso il medesimo istituto bancario), ora il deflusso è dovuto a denaro che ha lasciato fisicamente il Paese.
I trasferimenti all’estero sono avvenuti in diversi modi. Uno dei modi legali utilizzati è stato quello di aprire un conto in uno dei cosiddetti Paesi “amici” e trasferirvi somme in rubli, per poi convertirle in valuta locale al tasso bancario.
L’analisi di questa tipologia di operazioni è molto eloquente. Il 13 febbraio 2023, la Banca di Russia ha pubblicato i dati relativi all’anno 2022. I flussi testimoniano che, dall’inizio della guerra, i russi hanno trasferito 4 trilioni di rubli su conti in banche straniere. Occorre, peraltro, tener conto che questo dato si riferisce esclusivamente alle persone fisiche.
A tale importo, vanno aggiunte quelle somme di denaro che hanno lasciato la Russia in contanti. In una delle interviste rilasciate nel 2023, il capo della seconda banca statale russa, VTB, Andrey Kostin, ha affermato che nelle prime due settimane dopo l’inizio della guerra, i clienti della sua banca hanno ritirato 26 miliardi di dollari in contanti. È possibile affermare con sicurezza che l’ordine di grandezza degli importi prelevati presso altre banche (Sberbank, Alfa Bank e Tinkoff Bank) sia sostanzialmente lo stesso.
Molti ricordano come solo pochi giorni dopo l’inizio della guerra in Ucraina, si formarono lunghe code davanti agli sportelli bancomat di Mosca.
È improbabile che i cosiddetti oligarchi acquistino, in questa fase, azioni di imprese che stanno per cadere sotto la scure della prossima liquidazione finanziaria: non sono così sciocchi. È molto problematico vendere un’attività di successo, quando incombe la minaccia costante del “commissario” Belousov, figuriamoci attività sull’orlo di una crisi.
Se il crollo economico dovesse inesorabilmente proseguire, come tutti gli indicatori fanno presagire, inizieranno a sorgere problemi anche per coloro che hanno contratto prestiti, offrendo in garanzia pacchetti azionari, inclusi quelli di aziende di grandi dimensioni. Le banche hanno bisogno di liquidità, non certo di crediti deteriorati ed inesigibili.
Nella Russia di oggi, dove i grandi affari equivalgono essenzialmente al coinvolgimento nelle avventure militari di Putin, gli oligarchi potrebbero ritrovarsi rapidamente solo con quei capitali che sono riusciti a nascondere allo Stato. Ecco perché risanare il bilancio dello Stato, proseguendo la scellerata guerra di aggressione contro l’Ucraina, potrebbe rivelarsi un’impresa impossibile per il Cremlino.