venerdì, 15 Novembre, 2024
Economia

L’inflazione veloce che non blocca la crescita

Di recente il Governatore della Banca d’Italia, Vincenzo Visco, ha dichiarato che il ciclo inflattivo, che, al momento attuale, attanaglia i Paesi della eurozona, si differenzia rispetto quello che investì l’Europa circa mezzo secolo fa. In particolare, secondo il Governatore della Banca d’Italia, questa differenziazione si puntualizzerebbe sulla durata: nel senso che il ciclo inflattivo in corso, al contrario di quello di circa mezzo secolo or sono, dovrebbe esaurirsi rapidamente.

Tale assunto può essere, largamente, condiviso: intanto sulla base della considerazione che i cicli economici si differenziano tra di loro per svariati motivi, che quasi sempre riguardano le cause che scatenano tali processi economici.

Il ciclo inflazionistico degli anno ’70 del secolo scorso fu determinato, sostanzialmente, da due fattori. In primo luogo, l’immediata e considerevole lievitazione dei prezzi dei prodotti petroliferi, un evento che colse di sorpresa i Paesi dell’Occidente.

Tali Paesi, storicamente, hanno goduto di ragioni di scambio estremamente favorevoli, nell’approvvigionamento di prodotti energetici (e, più, in generale di materie prime). Questi ultimi erano prodotti da paesi in via di sviluppo, che soffrivano di una considerevole dipendenza economica, per non dire anche politica, nei confronti dei paesi occidentali in genere e, di quelli europei, in specie. Solo che, ad un certo punto, essi si resero conto che offrivano i loro prodotti in regime di oligopolio, quando non anche di monopolio.

Da qui la decisione dei Paesi produttori di far lievitare, in maniera considerevole, i prezzi dei prodotti petroliferi, attraverso l’adozione di diverse tecniche.

Tale circostanza determinò una considerevole lievitazioni di tutti i prezzi che scatenò il  processo inflazionistico.

Ma negli anni ’70 dello scorso secolo si situò un’altra vicenda, che determinò un’ ampliamento del processo inflattivo:il costo del lavoro, che iniziò a lievitare in maniera anomala, anche a causa della scala mobile, che agganciava la dinamica salariale  a quella dell’inflazione.

Al riguardo, non è un caso che il processo inflattivo subì un considerevole rallentamento, a seguito dei provvedimenti destinati ad incidere sulla scala mobile: si va dal referendum popolare, alla sua definitiva soppressione, operata dal Governo Amato nel 1992.

Orbene, diverse sono le cause dell’attuale processo inflazionistico: in questo caso un ruolo determinante lo gioca l’aumento dei prodotti energetici. È risaputo che gli organi comunitari hanno deciso di governare questo ciclo economico, attraverso il ricorso alla leva monetaria: di recente è stato adottato un nuovo aumento del tasso di interesse ed è previsto a breve un ulteriore inasprimento del costo del danaro.

Dai dati quantitativi disponibili, si desume non solo che sono stati scongiurati i pericoli di una stagflazione, ma anche che il sistema economico dà timidi segni di ripresa. Le origini di questa vicenda vanno, probabilmente, rintracciate in alcune misure già delineate dal Governo Draghi: si va, ad esempio, all’abbattimento del cuneo fiscale o ad una più consapevole politica fiscale. La domanda globale così non è stata depressa in maniera eccessiva, anche se non bisogna dimenticare che gli stati nazionali, nell’elaborare le proprie politiche di bilancio, sono vincolati dai limiti imposti dalla Comunità, con la conseguenza che non sempre possono adottare politiche di bilancio espansive.

 

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