La solitudine fuori dall’ambiente di lavoro è riconosciuta vero e proprio rischio sul lavoro per i lavoratori avanti negli anni.
In una recente campagna europea sull’ Invecchiamento attivo e solidarietà tra le generazioni è stato tracciato un percorso per la tutela della salute sul lavoro per il prestatore d’opera che invecchia indicando un orizzonte di azioni e campi d’azione prioritari: cambiare l’atteggiamento verso l’invecchiamento; introdurre l’aggiornamento permanente; formare i dirigenti sulle problematiche dell’invecchiamento; adattare il lavoro all’età e renderlo più flessibile; adattare i servizi sanitari alle esigenze di una popolazione che invecchia su uno sfondo di leggi contro la discriminazione dell’anziano (assunzioni, licenziamenti) e di una cultura diffusa ai vari interlocutori; ed infine evitare la solitudine fuori l’attività lavorativa.
In un interessante studio dell’Università del Piemonte Orientale di Novara si conferma che
“La solitudine è il nuovo fumo di sigaretta”: uno slogan forte, ma corroborato da buone prove scientifiche.
Secondo una recente meta-analisi, infatti, solitudine e isolamento sociale, sono associati a un aumento del rischio di mortalità, rispettivamente del 26% e del 29%. Un rischio equiparabile a quello del fumo di 15 sigarette al giorno e del consumo di alcol, maggiore perfino del rischio associato all’obesità.
Oltre alla mortalità la solitudine aumenta il rischio di sviluppare problemi di salute, come patologie cardiovascolari, declino cognitivo e può compromettere il benessere mentale, peggiorando i sintomi depressivi, lo stress percepito, i sentimenti di ansia e rabbia e riducendo il senso di autostima e l’ottimismo.
Come se non bastasse, gli effetti della solitudine sembrano accumularsi nel tempo fino ad accelerare l’invecchiamento fisiologico.
Le persone in età avanzata sono particolarmente a rischio di solitudine, un problema che è stato portato sotto i riflettori durante la pandemia, ma che pre-esisteva e continua a esistere: i lutti e le perdite tra le persone care, la paura di cadere, le difficoltà motorie, la fine della vita lavorativa, i pregiudizi ageisti, la povertà e anche condizioni ambientali come l’inquinamento e il caldo eccessivo possono contribuire alla solitudine degli anziani esponendo gli stessi ad un elevato rischio infortuni sul lavoro.
Come si contrasta la solitudine? Dal momento che la solitudine non coincide con l’effettivo isolamento sociale ma con una condizione percepita, la sensazione di essere isolati ed esclusi dalla vita sociale, sottolineano i ricercatori dell’Università del Piemonte Orientale, tradizionalmente è considerata un problema individuale che richiede soluzioni individuali. Come sempre, però, tutto quello che riguarda gli individui avviene all’interno di un contesto sociale, culturale, economico e ambientale che può avere un’influenza sui vissuti individuali.
Infatti, esiste un altro approccio che merita di essere considerato: quello di agire sull’ambiente in cui viviamo, lavoriamo o trascorriamo il tempo libero per facilitare l’incontro e l’interazione tra le persone, anche di età diverse, e contrastare la solitudine.
Quali sono le caratteristiche dell’ambiente urbano che possono facilitare le relazioni?
Gli aspetti chiave da considerare nella progettazione sono le caratteristiche delle abitazioni, i mezzi di trasporto e la distribuzione e progettazione degli spazi aperti e naturali.
Vivere in appartamenti piccoli, ad esempio, può aumentare il senso di solitudine. La ragione è abbastanza ovvia: più l’appartamento è piccolo meno ospiti possiamo invitare, e così l’abitudine a trascorrere molto tempo da soli si sedimenta più facilmente. Anche la qualità delle nostre abitazioni e la possibilità di poterle personalizzare sembra avere un impatto: avere una casa non solo gradevole, ma che riflette la nostra personalità (quindi generalmente una casa di proprietà e non in affitto) ci rende più propensi alle relazioni con gli altri; la casa diventa parte della nostra identità sociale.
I mezzi di trasporto pubblici rappresentano un’ottima opportunità per raggiungere le persone che fanno parte della nostra rete relazionale, ma anche un’occasione per fare incontri inaspettati: a chi non è mai capitato di fare quattro chiacchiere sul tram o sul treno? Con quei passeggeri sconosciuti ma che hanno un volto familiare perché ci si è incrociati altre volte nella stessa situazione. Lo stesso vale per gli ambienti che consentono di muoversi facilmente a piedi o in bicicletta.
Infine, gli spazi pubblici, soprattutto quelli verdi, che ci permettono anche in città di vivere un po’ di natura, consentono interazioni sociali sia pianificate che inaspettate. Naturalmente se si tratta di ambienti sicuri, in cui siamo protetti dalla criminalità, dal traffico e dall’inquinamento, saremo più propensi ad esplorarli a piedi.
Concludono i ricercatori: “La progettazione degli spazi rende possibili pratiche che prevengono la solitudine, ma nessun singolo aspetto dell’ambiente progettato è in grado di prevenire completamente la solitudine”.