Centinaia di leoni marini selvatici in Sud America, un allevamento di visoni in Europa e più di 58 milioni di uccelli da cortile sono morti, vittime dell’impatto dell’influenza aviaria, un virus che circola rapidamente in tutto il mondo, uccidendo animali selvatici e domestici, sconvolgendo l’ecosistema e ostacolando l’approvvigionamento alimentare. La salute umana è indissolubilmente legata alla salute degli animali. Questi eventi ricordano quanto un’epidemia diffusa negli animali possa avere potenziali conseguenze per l’uomo. Negli Stati Uniti, l’ultima ondata di influenza aviaria aveva colpito 17 mammiferi e più di 160 uccelli.
Il virus è tenuto oggi sotto stretta sorveglianza dagli scienziati i quali non negano la possibilità che possa aumentare il rischio di una diffusione del virus ad altre specie, sviluppare la capacità di trasmettersi tra le persone e diventare una pandemia. Per arrivare a questo scenario, tuttavia, il virus dovrebbe sbloccare una complicata serie di mutazioni o cambiamenti genetici che gli consentirebbero di diffondersi più rapidamente nelle persone. Un evento abbastanza improbabile ma che, se si verificasse, non avrebbe una risposta immunitaria da parte del genere umano.
Ecco perché il virus ha un potenziale pandemico. Gli scienziati hanno osservato alti tassi di mortalità e gravi malattie in polli e mammiferi. Si teme che il virus possa causare gravi malattie anche nelle persone. Finora, solo un singolo caso umano degli Stati Uniti: un detenuto in una prigione in Colorado che abbatteva uccelli infetti in fattoria. Le precedenti ricadute sugli esseri umani, colpivano principalmente persone nel sud-est asiatico e nel Nord Africa che probabilmente avevano gestito direttamente uccelli infetti. Attualmente, il virus sta infettando gli animali in quantità maggiore e su un’impronta geografica più ampia che mai. È probabile che gli uccelli da allevamento di pollame vengano infettati dal contatto con feci di uccelli selvatici o altre secrezioni.