Il nuovo anno è stato per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia un trionfo assoluto: eccellenze del panorama musicale internazionale e il Maestro Antonio Pappano hanno rapito il pubblico, per condurlo in un’estasi musicale capace di risvegliare memoria e amore per i grandi compositori del ‘900, patrimonio inestimabile di tutti, e per fare esperienza di un grande giovane pianista islandese, Vikingur Ólafsson, che ha brillantemente sostituito la divina Martha Argerich, che per ragioni di salute ha dovuto rinunciare sia alle date all’Auditorium Parco della Musica del concerto “I colori del ‘900” (19-20-21 gennaio), sia alla tournée, che vede Sir Antonio Pappano e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia protagonisti a Vienna, Monaco di Baviera, Francoforte, Essen, Amburgo, Parigi e Lussemburgo.
Nelle tre date romane de “I colori del ‘900” il Maestro Pappano ha diretto l’Orchestra e il pianista Ólafsson nell’esecuzione della Sinfonia n.1 in re minore op. 25 “Classica” di PROKOFIEV (prima esecuzione a San Pietroburgo nel 1918); nel Concerto in sol per pianoforte e orchestra di RAVEL (prima esecuzione a Parigi nel 1932); nella Sinfonia n. 5 in mi bemolle maggiore op. 82 di SIBELIUS (prima esecuzione a Helsinki nel 1915).
Ho ascoltato dunque tre grandissimi compositori che attraversano un arco temporale che copre la prima metà del Novecento e tutte le contraddizioni, le tensioni opposte che porta in seno: tra interno dell’animo e contesto sociale, se teniamo conto degli sconvolgimenti della grande guerra, ma anche di un momento in cui l’approccio romantico, casuale, dell’uomo chiede ragione d’essere a se stesso, ricerca nuovi lumi e guarda con sedotta confidenza alla tecnica. Sia Prokofiev, che Ravel, che Sibelius hanno delle peculiarità inimitabili, che ben restituiscono la complessità di un secolo di cui siamo tutti figli, mi è sembrata ottima quindi la policromia della scelta effettuata dal Maestro Pappano che spiega: “Abbiamo messo insieme un programma affascinante, indagando il ‘900 attraverso tre compositori diversi uno dall’altro.
La Sinfonia classica di Prokofiev è un pezzo scritto nel 1918, molto breve, classico ma molto virtuosistico, che dà gioia e fa tremare le orchestre allo stesso tempo, perché di estrema difficoltà. È una sinfonia ritmica, esposta, brillante, piena di carattere e ha un linguaggio che si abbina molto bene con il concerto di Ravel. Il concerto di Ravel, malgrado la dominanza del pianoforte che suona con un’orchestra ridotta è molto classico nelle proporzioni. Un concerto che ha un adagio spettacolare, che comincia per pianoforte solo che fa sognare, ma resta brillante e offre a ciascuno dei solisti, corno, corno inglese, oboe, flauto, un’opportunità di mostrare non solo il virtuosismo, ma anche i colori, come sempre troviamo nella musica francese.
Nella seconda parte del programma abbiamo Sibelius, un compositore che è stato sempre alla ricerca del suo posto nel mondo del ‘900 così complesso. Sibelius, dopo il successo della seconda Sinfonia e della terza, molto pastorale, con questa Quinta Sinfonia, afferma la necessità di vivere in un mondo tonale e descrive in modo unico la natura, un mondo panteistico, primordiale, cinematografico. La sua scrittura è organica, ma sviluppata in più direzioni, alla maniera di Beethoven. In questo pezzo troviamo la forza e la dominanza della natura. Un pezzo di rara bellezza.”
L’ascolto del concerto si è rivelato un’esperienza significativa, all’altezza delle aspettative riservate al Maestro Antonio Pappano e all’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, che ha mostrato
la sua grandissima capacità non solo esecutiva ma anche interpretativa delle composizioni. La sala, gremita di un pubblico entusiasta, ha iniziato a vibrare sulle note del primo movimento “Allegro” della Sinfonia n.1 in re maggiore op.25 “Classica”. La Sinfonia, breve, poco più di un quarto d’ora, fu composta da Prokofiev senza il pianoforte, perché lo stesso desiderava scrivere un’opera che avesse un suono orchestrale pulito. Il classicismo che la permea si deve in prima istanza alla volontà del compositore di riferirsi allo stile di Haydn, a testimoniare un’esigenza di approdo, fermezza, risposta contro la crisi dei primi del ‘900.
Nell’esecuzione del Concerto in Sol di Maurice Ravel il pianista Vikingur Ólafsson dà prova di merito per la fama guadagnata come “artista dell’anno” per Gramophone, due volte vincitore del “Opus Klassik Award (nel 2019 per la sua incisione per Bach (considerato da BBC magazine album dell’anno) e nel 2020 per l’incisione di Debussy che ha avuto milioni di visualizzazioni. Ólafsson esegue la partitura solista del concerto quasi ritualmente, una gioia per la vista e l’udito, che si moltiplica nel crescendo orchestrale. Qui la volontà di Ravel di comporre un’opera che rispettasse i canoni dell’antica forma concerto, ma caratterizzata dai colori del ‘900 in cui è immerso, emerge in tutta la sua tensione brillante e inanellata. Il pianoforte è un protagonista che ha bisogno di una corte regale, il flauto, l’oboe, il clarinetto, l’orchestra, che attendono, fiancheggiano, rincorrono e cedono il passo alle dita del pianista.
L’ascolto della Sinfonia n.5 di Sibelius, fa virare i colori orchestrali dal caldo brillante di Ravel al freddo, come se la patina luminescente del ghiaccio e dei laghi finlandesi governasse le note.
Frammenti di natura sono composti da Sibelius che cerca, come disse egli stesso, di dipanare e ricomporre il mistero della natura per testimoniare la sua grandezza dominante. Basti pensare al terzo, ultimo tempo, della sinfonia “allegro molto. Misterioso. Un Pochettino largamente.” in cui Sibelius decide una chiusura brusca dopo un corale maestoso, quasi a dirci che il mistero naturale è fatto per essere vissuto, non compreso. Immenso lo spettacolo, immensa l’Orchestra e il Maestro Pappano.
Questa stagione sarà l’ultima del Maestro Pappano come direttore musicale per l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, che a partire dall’autunno 2023 ricoprirà comunque il ruolo di direttore emerito, restando un riferimento per l’Orchestra e il suo pubblico. Come ha infatti sottolineato il Presidente-sovrintendente dell’Accademia Michele Dall’Ongaro, durante la presentazione della stagione 2022/2023, “Questa è per l’Accademia una stagione di riapertura e di consolidamento. Dopo lo spaesamento degli anni del covid dobbiamo coltivare il pubblico e rassicurarlo con la qualità degli interpreti e l’interesse delle musiche in programma».