venerdì, 20 Settembre, 2024
Cultura

Šostakovič, il fuoco della musica contro il gelo della guerra

All’Accademia Filarmonica romana i Quartetti del grande compositore

Non è possibile parlare della storia dell’uomo del Novecento senza toccare una figura nevralgica imponente, sofferta e lirica come quella di Dmitrij Šostakovič. Basti pensare a tre momenti della sua vita, che sono rivelazione ed emblema della grandezza di questo artista e del peso che ha avuto nella storia: uno dei suoi primi esperimenti di composizione è stato il grande pezzo Soldiers. “Qui un soldato sta sparando”, ha scritto Dmitry, all’eta di dieci anni, in una partitura che conteneva materiale illustrativo e spiegazioni verbali. Epica è stata la sua composizione della Settima Sinfonia, realizzata in una Leningrado sotto assedio nazista; il 5 Marzo 1942 si tenne la prima a Leningrado nella Casa della Cultura di Kuybyshev dall’Orchestra del Teatro Bol’soj diretta da Samuil Abramovič Samosud e ripresa il 19 Luglio 1942 a New York dove la partitura era giunta in microfilm con un viaggio avventuroso attraverso la Persia e l’Egitto, dall’orchestra della NBC diretta da Arturo Toscanini. Il 9 Agosto 1942 la Sinfonia risuona nella Sala della Filarmonica di una Leningrado ridotta allo stremo; per l’occasione sono richiamati dal fronte i musicisti dell’Orchestra della Radio diretti da Karl Eliasberg e vengono sistemati degli altoparlanti nella periferia della città, rivolti verso i soldati tedeschi, per far sentire loro che la vita di Leningrado continuava a pulsare.

I Quartetti per archi di Šostakovič, composti fra il 1938 e il 1974, costituiscono una narrazione musicale precisa della storia che va dalla Seconda Guerra Mondiale ai primi cenni di disgelo fra i blocchi atlantico e sovietico: musica, vita reale ed esperienza biografica si intrecciano in un nucleo di composizioni che si fondono con la storia europea.

L’anno nuovo all’Accademia Filarmonica Romana si è aperto il 26 gennaio al Teatro Argentina all’insegna di Dmitrij Šostakovič e del progetto dedicato all’integrale dei suoi Quartetti per archi che il Quartetto Prometeo – Giulio Rovighi primo violino, Aldo Campagnari secondo violino, Danusha Waskiewicz viola, Francesco Dillon violoncello -, fra le più rinomate formazioni da camera in Italia ed Europa, ha avviato con successo dallo scorso anno. Questo è stato il terzo dei sei concerti programmati nell’arco di tre stagioni, dove ha conquistato il pubblico l’esecuzione dei Quartetti n. 6 in sol maggiore op. 101, n. 7 in fa diesis minore op. 108, n. 8 in do minore op. 110.

Composti fra il 1938 e il 1974, i quindici Quartetti per archi di Šostakovič attraversano uno spaccato importante della storia del Novecento che va dalla Seconda Guerra Mondiale ai primi segni di distensione della guerra fredda. La storia e l’esperienza personale di Šostakovič rivivono e si intrecciano in queste composizioni che diventano preziosa testimonianza di un’epoca storica e di un particolare sentire musicale. Seguendo l’ordine cronologico di composizione, il concerto ha condotto il pubblico dentro quel pozzo profondissimo di sentimenti esistenziali che il genio compositivo di Šostakovič ha riversato nei tre quartetti scritti nell’arco di cinque anni, fra il 1956 e il 1960.

Il Quartetto n. 6 op. 101 si caratterizza dall’uso di melodie spensierate e ispirate a danze tradizionali; è insolitamente breve (poco più di dieci minuti) e di intenso lirismo il Quartetto n. 7 op. 108, composto nel 1960 e dedicato alla memoria della prima moglie Nina Vasil’evna Varzar, scomparsa nel 1954. Scritto in soli tre giorni a Dresda, fra il 12 e il 14 luglio 1960, fra i più celebri di tutta la sua produzione quartettistica, il Quartetto n. 8 op. 110, estremamente compatto e concentrato in cinque movimenti, è dedicato, come si legge sullo spartito, “alle vittime del fascismo e della guerra”. Un lavoro dal sapore tragico in cui si cela la profonda depressione di quegli anni di Šostakovič, pressato dal regime che lo voleva iscritto al Partito comunista.

La prima del Quartetto si tenne nella Sala Piccola della Fi­larmonica di Leningrado il 2 ottobre 1960. Il successo fu eclatante, il pubblico applaudì l’autore in piedi, il bis vide la riesecuzione per intero della partitura. Tutti e cinque i movimenti si susseguono senza interruzione, un monolite di gravi pensieri, ricordi pesanti, flusso di emozioni e riflessioni sulla propria esistenza, in cui ritornano melodie e temi di precedenti suoi lavori, fra cui la citazione dell’aria di Katerina da Lady Mac­beth del Distretto di Mcensk, eseguita dal violoncello. A ritornare, fra le righe dei tre lavori il motivo DSCH, la firma musicale di Šostakovič. Tutti e tre i Quartetti vennero eseguiti per la prima volta dal Quartetto Beethoven, la formazione cameristica sovietica alla quale Šostakovič ha destinato quasi tutta la sua produzione quartettistica.

Vincitore della 50ª edizione del Prague Spring International Music Competition nel 1998 che gli ha aperto le porte verso una carriera internazionale, il Quartetto Prometeo ha ottenuto per due volte il premio speciale Bärenreiter al Concorso ARD di Monaco e il Leone d’Argento alla Biennale di Venezia 2012, confermandosi una delle formazioni più importanti della scena musicale internazionale.
Il secondo concerto di stagione dedicato ai Quartetti sarà il 20 aprile, sempre al Teatro Argentina, con l’esecuzione del Quartetto n. 9 op. 117 e del Quartetto n. 10 op. 118, entrambi del 1964.

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