È stata approvata dal Parlamento della Unione Europea la Direttiva sui salari minimi adeguati. La Direttiva si pone l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita e di lavoro nella Unione, in particolare l’adeguatezza dei salari minimi per i lavoratori al fine di contribuire alla convergenza sociale verso l’alto e alla riduzione delle diseguaglianze retributive. In primo luogo, occorre precisare che la Direttiva non impone uno standard unico europeo di salario minimo e non ricerca l’armonizzazione dei sistemi nazionali di calcolo dei salari legali, laddove esistenti. L’intento della Direttiva è quello di migliorare il livello salariale dei lavoratori della Unione Europea, tutelare i datori di lavoro dalla concorrenza sleale basata su bassi salari ed aumentare la produttività investendo sulle persone.
Tali obbiettivi possono essere perseguiti sia attraverso la contrattazione collettiva, sia tramite il salario minimo legale, lasciando liberi gli stati nazionali di assumere la direzione che ritengono più aderente al loro contesto giuridico e sociale. La Direttiva prevede, in estrema sintesi, che i Paesi dell’Unione Europea dovrebbero garantire comunque una copertura dell’80% della contrattazione collettiva (limite rispettato da Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Spagna e Svezia).
Al di sotto della già menzionata soglia gli Stati dovranno presentare, previa consultazione delle parti sociali, un piano d’azione alla Commissione Europea in funzione della promozione della contrattazione collettiva. Per quanto riguarda il salario minimo legale la Direttiva prevede che i Paesi membri istituiscano le procedure per la determinazione e l’aggiornamento dei salari minimi legali, indicando i criteri a cui attenersi. Inoltre, si deve segnalare che è prevista l’istituzione di organi consultivi a livello nazionale anche per la fissazione e l’aggiornamento dei minimi salariali in cui dovrebbero avere un ruolo fondamentale le parti sociali” si legge nella guida.