A differenza dei Paesi che, come Belgio, Germania e Olanda si sono visti etichettare, il loro programma di bilancio (Dpb) come “non in linea” l’Italia in sostanza ha avuto il via libera da Bruxelles alla propria manovra di bilancio, che è stata approvata dai due rami del Parlamento entro i termini previsti. Restano però le critiche della Commissione europea sulla mancata riforma fiscale, che ancora una volta si raccomanda di varare.
“Il progetto di legge delega, presentato dal governo nell’ottobre del 2021, ha delineato i principi chiave per una riforma generale del sistema fiscale con diversi cambiamenti strutturali quali la revisione delle imposte sulle persone fisiche e sulle società, compresa la graduale eliminazione dell’imposta sulle attività produttive, la riforma dei valori catastali, la razionalizzazione delle aliquote Iva e delle basi imponibili e una revisione delle imposte ambientali” scrive l’Unione Europea. In particolare le autorità comunitarie chiedono “l’allineamento dei valori catastali a quelli di mercato correnti”.
Come si ricorderà fu proprio su questo tema che venne “impallinata” la delega Draghi, sotto i colpi di Forza Italia, Lega e FdI.
L’Europa ha come propria impostazione generale quella di spostare la tassazione dalle persone alle cose, finanziando con le tasse su mattone e sui consumi la riduzione del peso fiscale sul lavoro e sui fattori produttivi, avendo come sponda italiana istituzioni “autorevoli” come la Banca d’Italia e la Corte dei Conti. Nel corso dell’indagine conoscitiva sulla riforma dell’“Imposta sul reddito delle persone fisiche e altri aspetti del sistema fiscale” la prima con fermezza sostenne che “l’assenza di tasse sulla prima casa è una anomalia tutta italiana” e cosi fece la Corte dei Conti con il suo presidente Guido Carlino che sparò “ad alzo zero” contro il patrimonio immobiliare dell”85% dei cittadini italiani che possiede un’abitazione.
Nonostante queste “pressioni”, le Commissioni Finanze riunite votarono nel giugno del 2021 pressoché all’unanimità il documento conclusivo, senza alcun riferimento alla riforma del Catasto, che avrebbe dovuto rappresentare la base della legge delega che poi presentò il governo. Ma cosi non fu perché l’Esecutivo inserì l’Art. 6 (la riforma del Catasto), andando chiaramente oltre la delega ed i paletti fissati dal Parlamento.
La politica, quella seria, si riappropriava così della propria autonomia e della propria capacità di giudizio non solo nei confronti dell’Europa, che continua ad insistere nel voler tassare anche la prima casa, ma anche nei confronti della cosiddetta “tecnocrazia”.
E questa autonomia di giudizio e questa riserva di sovranità rivendicata dal Centrodestra al termine della scorsa legislatura, consentì la bocciatura della riforma del Catasto.
Siamo certi che questo orientamento sarà riconfermato dal nuovo governo, perché riformare il Catasto ed introdurre nuovi criteri di valutazione degli immobili, cosi come vorrebbe e ci chiede l’Europa, vorrebbe significare introdurre una vera e propria ulteriore tassa patrimoniale, come se in Italia non esistessero già altre imposte di questo tipo come l’IMU (per 22 miliardi all’anno) o la Tari per lo smaltimento dei rifiuti. La verità è che questo attacco contro la proprietà immobiliare privata ormai viene portato, oltre che da certe forze politiche nel nostro Paese, anche a livello globale dai grandi centri finanziari, che addirittura suggeriscono questa strategia con i loro influenti mezzi di informazione come si può rilevare dall’“Economist”, il settimanale dei Rotschild.
E lo sa bene il nostro Primo Ministro Giorgia Meloni che nella conferenza di fine anno ha testualmente dichiarato: “Sicuramente da questo Governo non partirà mai un aumento della tassazione sulla casa, particolarmente sulla prima casa che considero un bene sacro, non pignorabile e non tassabile”. Sul nuovo fisco la strada è già tracciata. Sulla riforma del catasto, ha precisato, sapete come la penso si può fare una mappatura dei dati”.