Aveva 19 anni. Arrestato e condannato per spaccio di 140 grammi di droga, sconta la pena, si rimbocca le maniche e fa di tutto per riscattarsi. Ci riesce. Diventa avvocato, per 5 anni finisce sotto scorta lavorando nel settore antimafia, poi è manager sanitario, presidente dell’Ipab “Asilo della patria”, direttore dell’Ospedale S. Andrea di Roma, presidente della Croce rossa. Ora il centrodestra lo candida alla guida della Regione Lazio.
Quello di Francesco Rocca dovrebbe essere considerato un caso esemplare di riscatto personale e sociale.
E invece alcuni giornali e politici continuano a parlare delle “ombre” sul suo curriculum. Quali ombre? È tutto chiaro, alla luce del sole. E lui non lo ha mai nascosto. Anzi. Ha ammesso le sue colpe, ha dimostrato con i fatti che dagli errori anche gravi di gioventù ci si può risollevare passando da distributore di morte a paladino della sanità. Il recupero sociale di chi ha sbagliato è stato sempre un fiore all’occhiello delle sinistre e dei liberal ostili al giustizialismo e alla teoria che chi sbaglia deve subire una condanna a vita. Ma quando si tratta di avversari politici si usano due pesi e due misure. Una stolida ipocrisia, questa sì piena di ombre sull’onestà intellettuale e politica di chi arriva a questi livelli di stupidità.