Gli analisti si chiedono cosa accadrà in Russia nel corso del 2023 con il rublo, con i prezzi, con il lavoro, con l’economia nel suo insieme. A tutte queste domande dovrebbero rispondere le previsioni ufficiali, che, seppur differiscono tra loro a seconda degli enti che le hanno prodotte, sono sostanzialmente sovrapponibili.
La Banca di Russia, ad esempio, promette di mantenere l’inflazione annuale entro il 5-7%. Il Ministero delle finanze ha redatto il bilancio sulla base del tasso medio annuo di 68 rubli per dollaro. La previsione macroeconomica del Ministero dello Sviluppo Economico prevede un calo del Pil dello 0,8 per cento. Tutte queste cifre si basano su modelli matematici che tengono conto di molti fattori. Eppure, queste previsioni sono errate. La probabilità che si avverino, è significativamente inferiore al 50 percento.
La spiegazione, sorprendentemente semplice, è che nessuna di tali previsioni tiene conto del fattore chiave da cui dipende il futuro, non solo dell’economia russa, ma anche di tutti gli altri elementi della società russa: la guerra.
Come sappiamo, in Russia, da quando Putin ha deciso di portare indietro le lancette della storia, dando vita alla sua sanguinaria campagna di aggressione nei confronti dell’Ucraina, parlare di guerra è vietato per legge. È quindi ipocritamente normale che anche nei dati ufficiali russi la guerra non ci sia. O meglio, le sanzioni internazionali, che rappresentano la conseguenza diretta del conflitto, vengono prese in considerazione, ma non viene altrettanto considerato come la guerra influisca, attraverso la situazione demografica, sulla struttura dell’economia, sul livello della spesa pubblica e sul mercato del lavoro. Inoltre, occorre considerare che la pressione militare cresce solo con il tempo. Se teniamo conto di questi elementi, possiamo affermare con sicurezza che la Banca di Russia non ha praticamente alcuna possibilità di mantenere i prezzi sul mercato al consumo all’interno del corridoio dichiarato nelle sue previsioni. Il motivo principale è il forte aumento della spesa pubblica che non sarà supportato da un analogo aumento della produzione di beni di consumo e servizi. In poche parole, il fabbisogno finanziario nell’economia russa crescerà ulteriormente e lo farà in modo esponenziale. Ciò risulterà oltremodo oneroso, ma già nel corso del 2022 è stato toccato il limite massimo raggiungibile e risulta, quindi, impossibile spingersi oltre.
Ingenti risorse finanziarie saranno necessarie per fornire all’esercito armi ed attrezzature, per pagare lo stipendio ai mobilitati ed ai soldati a contratto, risarcire le famiglie dei morti e dei feriti, provvedere alla ricostruzione annunciata dei territori occupati, garantire il mantenimento delle amministrazioni filorusse locali, nonché finanziare le operazioni di polizia, indispensabili per assicurarsi una ipotetica stabilizzazione.
C’è un altro elemento che non viene preso in considerazione nelle previsioni ufficiali: la corruzione. È di questi giorni la notizia che Timur Ivanov, Viceministro della Difesa della Federazione Russa e sua moglie Svetlana siano al centro di un’inchiesta della Fondazione anticorruzione, fondata dal leader dell’opposizione russa Alexei Navalny. Ivanov è responsabile della struttura del Ministero della Difesa russo che ha il controllo sulla costruzione di guarnigioni militari, collegi per cadetti, ospedali, asili, aeroporti militari, siti di lancio aerospaziale e altre strutture per l’esercito russo e, da ultimo, anche della ricostruzione nelle regioni occupate.
Dai dati rivelati dalla Fondazione Anticorruzione risulta che, negli ultimi anni, la famiglia del viceministro della Difesa abbia speso cifre da capogiro in appartamenti, yacht, diamanti, orologi di lusso, oggetti d’antiquariato e vacanze a St Tropez. Si parla di circa 1.300.000 euro all’anno, negli ultimi 6 anni. Tutto questo mentre il reddito ufficiale della famiglia non supera i 250.000 rubli [circa 3.500 euro] all’anno. L’inchiesta dimostrerebbe, al di la di ogni ragionevole dubbio, come la famiglia Ivanov stia realizzando profitti anche dalla costruzione nella città ucraina occupata e distrutta di Mariupol. Ovviamente questo singolo caso rappresenta la punta dell’iceberg. È solo una delle tante verità nascoste da parte del regime di Putin.
In ogni caso, il fabbisogno finanziario effettivo risulterebbe ingente, anche senza considerare quella parte del denaro che verrà dirottata sui conti personali di funzionari e generali russi corrotti.
Non sarà, peraltro, possibile soddisfare rapidamente le altre necessità attraverso le importazioni. Nessuno degli Stati che hanno aderito alle sanzioni le revocherà e la consegna di merci da questi Paesi continuerà ad essere inattuabile. D’altro canto, sarà difficile importare tutto il necessario dalla Cina e dagli altri Paesi “amici”, anche in ragione di oggettivi limiti infrastrutturali. Negli ultimi decenni, la logistica per il commercio è stata sviluppata prevalentemente verso l’Europa. Risulta, quindi, semplicemente impossibile reindirizzare i flussi delle merci attraverso altre direttrici in un arco di tempo limitato.
Per quanto riguarda la produzione interna, il limite principale è la mancanza di manodopera. Da un punto di vista demografico, la guerra è stata una catastrofe per la Russia. Il suo intero fardello ricade sulla generazione più giovane, ossia proprio su coloro che teoricamente avrebbero potuto impegnarsi nella sostituzione delle importazioni. A causa della guerra, questa parte della popolazione o sta combattendo in Ucraina, o è scappata all’estero per cercare di sfuggire alla chiamata degli uffici di arruolamento militare o, sebbene si trovi in Russia, è stata dirottata verso la produzione di armamenti.
In ogni caso, sarebbe impossibile sostituire rapidamente ciò che il Paese ha perso a causa delle sanzioni. Mancanza di attrezzature, componenti, personale competente: tutti questi problemi non sono risolvibili in poco tempo. Peraltro, ciò che verrà prodotto in Russia, nell’ambito della sostituzione delle importazioni, almeno all’inizio, sarà molto più costoso e qualitativamente peggiore degli analoghi prodotti stranieri.
Occorre inoltre porsi due domande: Cosa inciderà sull’inflazione? Su cosa la Banca di Russia non potrà in alcun modo incidere?
In primo luogo, occorre prendere in considerazione la situazione nei mercati delle materie prime, che determina l’interesse per la Russia da parte della Cina. La disponibilità di quest’ultima a fornire al mercato russo beni di consumo è subordinata alla possibilità di ottenere in cambio: petrolio, gas, fertilizzanti e metalli, usufruendo di forti sconti.
In secondo luogo, anche l’intensità delle ostilità ed il numero delle persone direttamente coinvolte nella guerra avrà un peso notevole. Se ci fosse un’altra ondata di mobilitazione, non importa se “palese” o “nascosta”, questo provocherebbe un ulteriore rialzo dei prezzi.
In terzo luogo, molto dipenderà dalla vastità della zona di occupazione in Ucraina. Paradossalmente, ci sarà una relazione inversa. Nel senso che, a fronte di un improbabile risultato positivo sul piano militare, la Russia registrerebbe un risultato economico ancor più disastroso. Più territorio controllerà l’esercito russo, più soldi dovranno essere spesi dalla Russia per rifornirlo e ricostruirlo. Anche questo porterebbe ad un ulteriore incremento dei prezzi.
Inoltre, cibo, abbigliamento, calzature, prodotti per l’igiene e tutti gli altri beni essenziali e non essenziali che verranno inviati nei territori occupati, giungeranno a destinazione a discapito del mercato russo, influenzando negativamente l’equilibrio tra domanda e offerta.
Tutto ciò accadrà nello scenario più favorevole per la Russia, ossia quello che prevede la continuazione della guerra o l’eventuale “congelamento” del conflitto, ma cosa accadrebbe nel caso che la Russia fosse costretta ad accettare almeno in parte le condizioni poste dall’Ucraina per la cessazione delle ostilità? Anche solo limitandosi ad alcune delle condizioni presenti nella proposta di pace avanzate dall’Ucraina, ossia il ritorno ai confini del 1991; il risarcimento dei danni causati dalla guerra e la punizione per i criminali di guerra commessi, dell’economia russa rimarrebbe davvero poco.
In questo caso, le riparazioni di guerra che la Russia dovrebbe pagare, secondo la risoluzione adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, diventerebbero un onere insopportabile che porterebbe quasi certamente all’iperinflazione e ad una crisi economica paragonabile a quella che riguardò la Germania negli Anni ’20. Infine, se dovessimo considerare una prospettiva, non di un anno, il 2023, ma di tre anni, l’ultimo scenario ipotizzato sarebbe quello più probabile.
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