mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Economia

Rischi di deflazione. Bce, stretta è la strada

Nell’Area dell’euro -ma non solo- sta accadendo, quanto era largamente prevedibile: la diminuzione del prezzo del gas -ed, in genere dei prodotti energetici- ha inciso sulla dinamica dei prezzi ed ha ravvivato le borse. In Francia l’indice dei prezzi si è attestato intorno al 6,7% (mentre a novembre si era attestato intorno al 7,1%); in Germania il livello dei prezzi ha subito una flessione, dall’11,3di novembre al 9,6%. Un lieve rallentamento si è visto anche in Italia.

Nel contempo, le borse europee registrano la terza seduta di rialzi, testimoniando una rinnovata fiducia dei risparmiatori sui listini azionari.

In tale contesto, però, la politica deflazionistica perseguita dalla Bce, come era prevedibile e come era stato previsto, ha comportato una deflazione dell’economia nel blocco dei diciannove membri. In concreto, i dati della deflazione delle economie sono i seguenti: si è passati dal 47,8% al 49,3% ed essi, chiaramente segnalano una contrazione del sistema produttivo.

Rispetto al settore dei servizi è quello manifatturiero, che desta maggiori preoccupazioni, in ordine alle possibilità che si avvii un ciclo espansivo della produzione.

In questo quadro macroeconomico sono, peraltro, positivi -ed, ovviamente, non poteva essere diversamente- i dati relativi al caro vita, ai rendimenti dei titoli di Stato.

È agevole supporre che, stante l’attuale situazione, la Bce intenda perseguire ancora una politica economica deflattiva, attraverso la leva del tasso di interesse, ma non è dato comprendere, quando si inizierà ad adottare una politica espansiva.

Sono queste, a ben vedere, le cause, che hanno determinato le posizioni polemiche sorte nei confronti della Bce nel nostro Paese.

È un problema di sovranismo? Direi che a tale domanda bisogna dare in parte risposta positiva. I dissapori tra i paesi dell’Unione, si sono da tempo incentrati sulla politica monetaria. È inutile negare il rischio che le politiche economie, adottate dall’Unione, non sempre siano funzionali alle realtà produttive e sociali dei vari stati.

Il dubbio, che sorge, è che una inflazione, determinata dalla dinamica dei prezzi dei prodotti petroliferi, possa essere contrastata con misure, che sono dubbie, visto che esse incidono sulla domanda globale e, dunque, finiscono per deflazionare l’economia.

D’altra parte, è ben noto come agisce il deflazionamento, ottenuto attraverso la levitazione del tasso di interesse: tale politica economica deprime la domanda per beni di investimento, essa agisce, dunque, sullo sviluppo delle attività produttive, il che determina un abbassamento dell’occupazione e così il livello del reddito delle classi lavoratrici subisce un decremento. La conseguenza di tutto questo è un calo della domanda per beni di consumo. Ma ciò non significa che la domanda relativa ai prodotti energetici subisca un decremento, anche perché tale domanda, come è ben noto, è anelastica.

Non bisogna, poi, sottovalutare che alcune scelte adottate dall’Unione siano determinate anche da fattori emotivi, visto che alcuni Paesi per ragioni storiche ben precise, hanno il terrore dei processi inflazionistici.

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