venerdì, 15 Novembre, 2024
Attualità

Vandali e riparazione del danno

Sembra ormai una nuova “moda” quella di imbrattare opere d’arte e simboli istituzionali al fine di denunciare la crisi ambientale e climatica. Se non fosse che dietro c’è sicuramente un disegno “para-eversivo”. Non vengano a dirci che si tratta di quattro ragazzetti che non hanno nulla da fare: ce ne sono molti, purtroppo, ma la gran parte per fortuna non delinque. Ogni “attacco” alle istituzioni o al privato ha un costo, e le nostre forze di polizia scopriranno ben presto chi paga.

Cosa c’entrano gli “ambientalisti” con Palazzo Madama?

Se è innegabile infatti la necessità di tutelare tutte le matrici ambientali e di ripensare lo sviluppo e il progresso in ottica ecosostenibile, altrettanto vero è che simili condotte devono essere condannate, sia moralmente che penalmente.

In particolare, trattasi di azioni vandaliche che potrebbero qualificarsi ex art. 639 del codice penale,  che parla di Deturpamento e imbrattamento di cose altrui. Non sei più incensurato, e quindi non più libero di accedere a lavori pubblici o nel privato. E manco al reddito di cittadinanza, caro ragazzo. Mi sa che non conviene, a meno che, ripeto, tu non abbia altro “sostentamento”.

Ma, così come prevista, la pena per questo reato sembra priva della funzione deterrente.

La riparazione del danno, con il proprio lavoro, vale più della galera. E un’aggravante per atti conto l’ordine pubblico, con daspo e reclusione più facili, devono essere introdotti al più presto, prima che “l’ambiente” degeneri. Anche le, pur legittime, proteste sociali devono avere – lo prevede la Costituzione – limiti a garanzia di chi non intende parteciparvi.

L’Italia su questo è assai lontana. Per il Governo, un’altra sfida.

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