Sin dal proprio insediamento, l’attuale Governo ha annunciato a più riprese di voler puntare in via prioritaria a provvedimenti che assicurino la crescita sostenibile del Paese, favorendo l’avvio di un green new deal incentrato su tutela ambientale e transizione ecologica verso un’economia circolare.
Nelle ultime settimane, le Camere hanno approvato dapprima il Decreto Clima e poi la Manovra finanziaria per il 2020, introducendo definitivamente nel nostro ordinamento la serie di misure che il Conte bis ha inteso adottare per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra e l’uso della plastica e favorire efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile.
A questo punto, viene da chiedersi se l’Italia abbia imboccato la strada giusta per affrontare la sfida climatica che segna il nostro tempo.
È l’interrogativo che poniamo a Luigi Cerciello Renna, massimo esperto di sicurezza agricola, ecologica ed energetica, direttore scientifico del corso universitario in “legalità agro-ambientale” istituito dall’Osservatorio dell’Appennino Meridionale.
“Andavano e vanno superate la retorica politica e la logica della contrapposizione degli interessi che hanno tenuto al palo questo Paese sulle questioni ambientali più complesse – dichiara lo studioso – e le disposizioni di recente approvazione vanno viste come uno dei passi più importanti del decisore pubblico negli ultimi anni. Ma il piano ideato per fronteggiare la crisi climatica mi sembra lacunoso e c’è il serio rischio che, tra gli Stati più importanti, l’Italia si riveli quello maggiormente in ritardo e meno attrezzato”.
Ci pare di capire che lei apprezzi l’impegno dell’Esecutivo in campo ambientale, ma nel contempo abbia bocciato la strategia messa in campo rispetto ai cambiamenti climatici. Ci indica quali ritiene sia i nodi che destano perplessità?
“Più che di punti critici, parlerei di veri e propri vuoti. Manca una strategia organica per la predisposizione di strumenti e interventi a contrasto dell’uso sregolato del suolo, non più rimandabili. Lo stallo delle iniziative parlamentari e la difficile convivenza delle competenze distribuite tra Stato ed enti locali oggi non sono che un alibi dell’inerzia governativa sul tema. In più, non emerge, nelle misure singole e in quelle di livello interistituzionale, la presa di coscienza della forte interrelazione tra clima e salute umana. Manca poi un ruolo di regia delle attività dei vari organismi di ricerca impegnati anche in tale ambito. In tal senso, più che prevedere la costituzione di un nuovo ente e l’assegnazione di fondi per l’avvio e il funzionamento, sarebbe stato più opportuno destinare risorse alle istituzioni scientifiche vigenti riconoscendo funzioni di coordinamento al Ministero della ricerca”.
Il Ministro Costa ha comunque dichiarato che il Governo sta muovendo i primi passi nell’ottica dell’annunciato green new deal.
“A Sergio Costa mi lega un rapporto non solo di amicizia personale ma anche di grande stima. Merita assoluta fiducia. Sta di fatto però che in materia climatica abbiamo bisogno di un Governo maturo, che riesca a coprire il percorso necessario in breve tempo”.