Oltre il 60% del suolo europeo è in uno stato di degrado, mentre a livello globale la percentuale è al 52%. Entro 60 anni senza interventi concreti l’intero pianeta potrebbe perdere le terre coltivabili e attualmente l’unica via percorribile è aumentare il contenuto organico nel terreno. Se di crisi climatica, di inquinamento, di pratiche nocive e di deforestazione si parla sempre di più, quella del suolo, che ha investito silenziosamente il mondo intero.
Una sfida enorme che va vinta nell’immediato, come sottolinea l’ultimo lavoro di Save soil, il movimento globale di Conscious planet per risvegliare l’attenzione dei cittadini sullo stato del suolo e sollecitare i Governi ad agire dal titolo “Soil revitalization, Global policy draft and solutions handbook”. Lo studio analizza con i suoi “manuali di politica globale” sette aree geografiche, ovvero Africa, Asia, Europa, America Latina e Caraibi, Medio Oriente e Nord Africa, Nord America e Oceania, fornendo raccomandazioni pratiche e scientifiche che i Governi possono adottare al fine di rivitalizzare il suolo della propria nazione. Un vademecum di pratiche specifiche di gestione sostenibile del suolo per 193 Paesi, nel quale vengono suggeriti 700 metodi diversi per la rigenerazione dei terreni agricoli.
Secondo l’Unccd (Convenzione Onu contro la desertificazione) è necessario rigenerare entro il 2030 almeno un miliardo di ettari di terreno. Ogni ulteriore secondo che passa perdiamo un acro di terreno fertile e di questo passo anche per l’Onu potremmo avere altri pochi decenni di terre coltivabili. Ciò significa che nel prossimo futuro l’agricoltura non produrrà cibo sufficiente per una popolazione in costante crescita, dato che si stima che entro il 2050 saremo circa dieci miliardi di persone (rispetto agli otto miliardi del 2022).