lunedì, 16 Settembre, 2024
Esteri

L’Italia non tratti con l’inferno degli Ayatollah

Oggi sono 97 giorni di inferno per i cittadini iraniani che hanno osato chiedere dignità e rispetto della vita, 97 giorni dalla morte di Mahsa Amini brutalizzata e uccisa dall’immonda fanteria del demonio, che dietro il velo insanguinato della morale compie tutto ciò che è contro la morale, la dignità, l’umanità. Ogni giorno che passa è un nuovo battesimo di orrore per il regime iraniano, ogni giorno rinasce, allattata da sangue innocente, la volontà di annientamento di uno stato che non può più essere definito stato, ma tirannia.

Dopo l’uccisione a mezzo stupro di Masoumeh, una ragazzina di 14 anni, arrestata per aver tolto il velo a scuola. I tre giorni di sciopero indetto nel paese sono riusciti, nonostante la violenza della repressione della polizia armata fino ai denti, i giovani iraniani hanno bloccato strade e interi quartieri e nella notte si sono alzati al cielo i canti di rivoluzione di un popolo che ha già pianto tutto.

Dentro le tenebre della notte, dense quanto il dolore  di una terra che piange le sue figlie e i suoi figli, incarcerati, stuprati, impiccati nelle piazze, questi ogni parola di questi canti è stata lacrima e preghiera, ma anche fierezza e straordinario coraggio del popolo iraniano che rivuole la sua terra, la sua civiltà millenaria e valorosa. La scelta di concludere gli scioperi il 21 dicembre, ha un valore simbolico importantissimo per la civiltà iraniana, in cui si celebra la festa di Yalda, il solstizio d’inverno, a simboleggiare la rinascita del sole (che dopo il 21 dicembre, in cui si consuma la notte più lunga dell’anno, inizia a durare più della notte), la vittoria della luce sulle  tenebre.

Durante i giorni di protesta la popolazione ha distrutto diversi simboli e statue di questo oscuramento tenebroso di regime, che sono stati venerati in nome non di Dio, ma di un potere tirannico che usa e rinnega ogni fede solo per sé. Nel nostro paese, la spietatezza iraniana ha sollevato l’indignazione e l’aperta condanna dei nostri vertici di Stato: il presidente Sergio Mattarella in un messaggio alla conferenza degli ambasciatori alla Farnesina ha detto “Quanto sta avvenendo in queste settimane in Iran supera ogni limite e non può, in alcun modo, essere accantonato”.

Ricordiamo infatti che, ultima atrocità, una ragazza di 14 anni, quasi una bambina, è stata violentata ed è morta per le violenze subite. Per questo e per le condanne a morte eseguite come pena per i manifestanti, si è espresso anche il Ministro degli Esteri Antonio Tajani. “È una cosa inaccettabile: appena si sarà insediato il nuovo ambasciatore iraniano lo convocherò. Ma accanto alla pressione sui diritti dobbiamo tenere aperta la porta del negoziato per quel che riguarda il nucleare perché ci potrebbero essere conseguenze negative. Linea durissima sulla difesa dei diritti ma spiraglio sul nucleare. Siamo interessati alla stabilità dell’area.”

Quello che accadrà, e presto, è che alla fine occorrerà decidere chi essere e a quale prezzo, perché la rivoluzione iraniana ha un valore epocale e una forza morale che sta appannando il ricordo del “combatteremo sulle spiagge, combatteremo per le strade, non ci arrenderemo mai”, celebre discorso di Churchill, che mostrò al mondo la forza di un popolo coeso.

E sempre di Churchilliana memoria è il monito dell’impossibilità a trattare con una tigre quando si è nelle sue fauci; il popolo iraniano lo ha capito e sta pagando con martire coraggio un prezzo altissimo per “la donna, la vita, la libertà” e per “l’uomo, la patria, la civiltà”. Dimostriamo anche noi di essere degni di questo sacrificio. E mentre natale è alle porte, in Iran oggi si fa ritualmente visita alle tombe, troppe, che chiedono giustizia e civiltà. Intanto, secondo le verifiche della CNN è salito a 43 il numero delle condanne a morte per i manifestanti. Non lasciamoli soli.

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