ROMA (ITALPRESS) – Rafforzare e coordinare la vigilanza, proteggere e risarcire i lavoratori sfruttati: sono gli impegni di Unione Italiana dei Lavori Agroalimentari (UILA) contro lo sfruttamento e a difesa del settore agricolo, illustrati nel corso di una conferenza stampa in cui sono stati descritti i dati relativi a Latina che non è "la capitale italiana dello sfruttamento e del malaffare, ma una provincia in cui l'agricoltura rappresenta un settore economico di fondamentale importanza", sottolinea Giorgio Carra, Coordinatore Uila Latina e Frosinone. "Latina è la 13esima provincia agricola del nostro Paese. I dati mostrano che ci sono problemi importanti, ma nel raffronto con le altre province agricole" sono stati fatti "passi avanti significativi". In totale, a Latina l'agricoltura occupa circa 20mila lavoratori e, tra il 2014 e il 2021, l'occupazione è ulteriormente cresciuta, sia in valore assoluto che in termini percentuali, in misura molto maggiore rispetto alla media nazionale. Anche "il numero giornate procapite dei lavoratori – passate da 81 a 108 – è cresciuto del 33% rispetto al 2014", ricorda Carra, mentre è ancora più evidente l'aumento del numero di giornate lavorate, passate da 1,4 a 2,1 milioni (+46,6%) a fronte di un incremento nazionale del 15,2% (da 76,1 a 87,7 milioni). Ancora più rilevante è la riduzione della 'zona grigia' del lavoro, ovvero il numero di lavoratori per i quali le aziende dichiarano fino a dieci giornate di lavoro nel corso dell'anno: erano 2.934 nel 2014, sono stati 1.770 nel 2021 con una riduzione del 39,7%, più che doppia rispetto al decremento nazionale (-19,1%). Al contrario è raddoppiato il numero di lavoratori con più di 151 giornate dichiarate: erano 3.089 nel 2014 (e rappresentavano il 17,8% del totale degli OTD), sono stati 6.174 nel 2021 (32,4% del totale). Nella provincia, una buona parte degli occupati "sono stranieri, ma c'è ancora una percentuale di italiani che si impegna nel settore ed è un numero significativo", continua Carra. Latina è la terza provincia italiana per presenza di lavoratori stranieri (13.157 nel 2021) e la prima in assoluto se considerati in rapporto al totale degli addetti in agricoltura (69%). Il 58,7% di loro (7.720) provengono dall'India (erano il 54,6% nel 2014), in crescita anche i lavoratori provenienti dal Bangladesh, passati da 351 a 747. In seconda posizione ci sono i rumeni (1.827) la cui presenza nel settore agricolo è però più che dimezzata rispetto al 2014. In forte crescita, al contrario i lavoratori in provenienza dall'Africa Centrale e dal Marocco che, praticamente assenti nel 2014, nel 2021 erano complessivamente 1.477. Quasi raddoppiati, inoltre, i lavoratori provenienti da altri Paesi. "Lo sfruttamento o la difficoltà di inserimento non è legata al fatto che i lavoratori siano stranieri o italiani", ricorda Carra. Il 50,2% dei lavoratori con meno di 10 giornate dichiarate sono italiani e il 49,8% stranieri. Ancora, oltre il 70% dei lavoratori che, lavorando per più di 51 giornate l'anno, percepiscono la disoccupazione agricola, sono stranieri. Carra ricorda poi l'importanza della legge contro lo sfruttamento che "ha consentito di intervenire con tempestività e incisività" e "ha istituito anche la rete del lavoro agricolo di qualità, anche se il percorso non è stato completato: le aziende aderiscono con grande difficoltà. Erano previste anche delle sezioni territoriali, ma su questo aspetto c'è ancora tanto lavoro da fare". Le azioni intraprese, comunque, "stanno dando dei risultati significativi, su cui dobbiamo continuare a lavorare: c'è stato un miglioramento sia in termini di emersione che di stabilizzazione del lavoro agricolo. Non abbiamo risolto tutti i problemi, ma i buoni risultati ottenuti devono essere uno stimolo". Per il prossimo futuro, bisogna "stimolare le attività di vigilanza: una volta rilevati i reati di sfruttamento dei lavoratori, oltre a sanzionare civilmente e penalmente i datori di lavoro responsabili, devono essere pienamente applicate le norme per la revoca della responsabilità datoriale e per assistere le aziende nel percorso di emersione, attraverso la nomina di amministratori giudiziari pienamente coinvolti nelle attività di controllo successivo". Poi bisogna "rivedere le modalità di intervento per consentire il recupero del 'maltolto' da parte degli imprenditori che hanno sfruttato i lavoratori". Serve un "ulteriore passo avanti", prevedendo "un fondo di garanzia, gestito dall'INPS, anche attraverso una contribuzione aggiuntiva per i datori di lavoro che usufruiscono della previdenza agricola, che possa rendere immediatamente esigibili, perlomeno le mancate retribuzioni certificate dalle 'diffide accertative' emanate dagli organi ispettivi". "La Regione Lazio è stata tra le prime a recepire la legge nazionale sul caporalato" e "le azioni intraprese sono servite ad accendere un faro su questo tema", aggiunge Alberto Civica, Segretario regionale Uil Lazio. "Dobbiamo portare avanti il contrasto al lavoro nero e al lavoro irregolare". Il caso di Latina, conclude il Segretario generale Stefano Mantegazza, "serve per raccontare gli sforzi complessivi del sindacato, degli organi ispettivi e delle procure in questi anni. I numeri convincono più delle parole e mi pare che siamo sulla strada giusta, verso l'emersione forte e progressiva del lavoro. I risultati sono positivi e importanti: bisogna sempre considerare che la stragrande maggioranza delle aziende agricole rispettano i contratti", mentre c'è "uno 'zoccolo duro' di aziende" da "riportare alle regole e nell'alveo delle buone pratiche". Infine, un passaggio sulla legge di bilancio. "Il governo ha accolto le nostre richieste: si evita che circa un milione di lavoratori stagionali dell'agricoltura possano essere occupati col lavoro stagionale. Questo secondo noi porterà a un emersione del lavoro e a una riduzione del lavoro nero, ma soprattutto rappresenta un passo importante per la tutela delle persone". – foto: agenziafotogramma.it (ITALPRESS). xi2/pc/red 21-Dic-22 17:16