Nel tentativo di raffreddare la spinta inflazionistica, l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla BCE in questa seconda parte dell’anno comporterà, tra il 2022 e il 2023, un aggravio degli oneri sui prestiti alle imprese di circa 15 miliardi di euro. A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA. “Questa stima è stata costruita ipotizzando un aumento medio dei tassi di interesse del 2% tra il 2022 e il 2023. È stato applicato questo incremento alla luce del fatto che quest’anno il valore medio del tasso BCE (ponderato per i giorni) si attesterà attorno allo 0,6 per cento. Pertanto, applicando un tasso di incremento degli interessi medio del 2 per cento ai 749,2 miliardi di consistenze degli impieghi erogati alle imprese al 30 settembre scorso, l’anno prossimo queste ultime subiranno un aumento del costo del denaro pari a 14,9 miliardi di euro” si legge nella nota.
Le regioni più penalizzate da questo ritocco dei tassi saranno quelle dove sono maggiormente concentrate le attività produttive che si avvalgono dell’aiuto degli istituti di credito, vale a dire la Lombardia (+4,33 miliardi di euro), il Lazio e l’Emila Romagna (entrambe con +1,57 miliardi), il Veneto (+1,52 miliardi) e il Piemonte (+ 1 miliardo). Quasi 2/3 dei 15 miliardi di maggiore costo del denaro che le aziende dovranno farsi carico l’anno prossimo saranno riconducibili alle imprese del Nord. Gli aumenti dei tassi di interesse avranno anche delle ricadute negative sulla spesa delle famiglie, sugli investimenti delle imprese e sul costo del nostro debito pubblico. I nuovi aumenti dei tassi, quindi, potrebbero contribuire a frenare una crescita economica che l’anno prossimo in Italia dovrebbe attestarsi sullo 0,3/0,4 per cento. Una soglia che, molto probabilmente, avrà delle ricadute negative anche sull’occupazione.
Il trend crescente dei tassi previsti nel 2023 provocherà anche un altro effetto negativo. Secondo le ultime stime elaborate da Ernest & Young1, in Italia i prestiti bancari complessivi sono destinati a scendere dell’1,8 per cento. A questa contrazione contribuiranno, seppure in proporzioni diverse, tutti i segmenti creditizi. Quelli ipotecari, ad esempio, dello 0,3 per cento, il credito al consumo dell’1,5 per cento e gli impieghi alle imprese addirittura del 2,8 per cento. Una contrazione che, purtroppo, interesserà tutta Europa. Questa criticità, comunque, è destinata a durare poco. Nel 2024, infatti, nel nostro Paese il credito a famiglie e imprese tornerà ad aumentare complessivamente dell’1,3 per cento.