I tempi stretti per l’approvazione della legge di Bilancio, riducono anche gli spazi per l’indispensabile confronto sociale. Che non si fa solo a colpi di scioperi e manifestazioni ma anche -e soprattutto- discutendo senza contrapposizioni preconcette le possibili correzioni alle scelte del Governo.
I sindacati si sono divisi sulla richiesta della Presidente del Consiglio di evitare gli scioperi e di cercare un’intesa sui temi che stanno più a cuore ai rappresentanti dei lavoratori e dei pensionati. Non è un buon segnale. Visti i tempi complicati che ci attendono, un clima di conflittualità non giova a nessuno. Né al Governo, che ha bisogno di consenso sociale ampio per le sue decisioni difficili, né ai sindacati e ai partiti di opposizione che devono portare a casa risultati e non limitarsi a riempire le piazze e i cortei.
La conflittualità fine a se stessa dovrebbe essere messa in soffitta, soprattutto quando l’inflazione alta rischia di partire al galoppo e quando famiglie e imprese sono alle strette per i costi forsennati dell’energia.
Ci sono i margini per una politica sociale del Governo che tenga conto delle gravi difficoltà in cui si trovano milioni di cittadini, molti dei quali spinti nel baratro della povertà? I margini ci sono, perché l’Italia viene da due anni di crescita record (oltre il 10%) che hanno portato l’occupazione a livelli mai visti negli ultimi decenni. Se l’inflazione fisiologica legata allo sviluppo non fosse stata drogata dai costi dell’energia oggi potremmo meglio redistribuire i vantaggi dell’aumento del Pil registrato negli ultimi 24 mesi. Invece dobbiamo fronteggiare un doppio rischio combinato: il crollo della crescita e la spirale prezzi-salari che l’inflazione rischia di innescare.
Vanno entrambi evitati. Serve il consenso sociale, il senso di responsabilità di tutti: partiti di maggioranza e opposizione, imprenditori e sindacati. I nostri sono tempi duri che non si possono affrontare con i paradigmi del passato.
Per questo la maggioranza di Governo non si chiuda in se stessa e sia più attenta a richieste ragionevoli che vengono da più partiti. I sindacati non illudano i lavoratori che facendo salire la temperatura dei conflitti si ottengano risultati positivi. Gli imprenditori continuino ad investire e mettano parte dei profitti nelle tasche di chi lavora seriamente. I partiti di opposizione sono divisi, come i sindacati. Il Pd ha scelto la piazza anche per compattarsi in vista di una difficile stagione precongressuale.
Conte rischia di soffiare sul fuoco del malcontento che pensa di interpretare con demagogia e populismo. Calenda e Renzi hanno optato per un’opposizione dialogante. Meloni usi il suo prestigio per imprimere una marcia diversa all’azione della maggioranza.