Ricchezza. Status. Aristocratica esclusività. C’è stato un tempo in cui una delle principali ambizioni era quella di fare un salto in Bocconi, università milanese e l’unica in Italia a offrire un sicuro lascia passare per la City e il mondo della finanza internazionale, to live the dream.
Poi venne il tempo della Brexit, storia complessa ma capace di fotografare i tempi in cui viviamo. Così, mentre il governo inglese decise di prendere le distanze a ogni costo dall’Unione Europea con una forzatura talmente bugiarda da continuare a mietere vittime ad anni di distanza, dall’altro c’erano altri uomini politici (questa volta italiani) che avevano carpito l’opportunità.
Così alcuni imprenditori piuttosto illuminati hanno seguito e, in virtù della riduzione del 70% sul reddito da lavoro annuale per cinque anni, sono riusciti nel non facile tentativo di far rientrare molti “cervelli” per lanciare progetti fintech che oggi stanno facendo la differenza nel mondo. Partendo da Milano.
“Milano”, mi disse uno di loro qualche anno fa, “può giocare un ruolo fondamentale per il fintech. Milano è una città bella, frenetica e vibrante in cui vivere: offre un’istruzione globale e un ambiente imprenditoriale maturo e innovativo, per non parlare da un lato del tradizionale know-how finanziario e, dall’altro, delle competenze IT di alto livello.”
Milan, l’è semper un gran Milan?
Nel frattempo, mentre la classe politica inglese tutta si ostina a mantenere le distanze dall’Unione Europea (adesso anche la Cina è entrata nel mirino), questa volta sono proprio quegli operatori che fecero di Londra l’olimpo della finanza globale a prenderne le distanze. È infatti notizia di questi giorni che Goldman Sachs, JP Morgan, Citigroup e Nomura hanno annunciato che proseguiranno nella loro opera di svuotamento degli uffici londinesi per sbarcare a Milano.
Città che nel frattempo, forse sarà un caso, ha cominciato a mostrare i segni di quelle dinamiche per cui Londra non solo è stata famosa, ma che hanno fatto da detonatore al processo Brexit: ovvero, un posto dove tutti vorrebbero essere, ma che pochi possono permettersi. Destino in verità comune a molte grandi capitali del mondo, da New York a Parigi, da Shanghai a Hong Kong, per non parlare di Los Angeles o San Francisco.
Chissà che Milano piuttosto che Capri, Venezia, o la Toscana si faccia anch’essa “parte per il tutto” a simboleggiare un’intera nazione, l’Italia, come Londra per l’Inghilterra. Anche perché, mi chiese un’anziana signora al tè delle cinque, a parte il turismo esistono altre industrie in Italia?