lunedì, 16 Dicembre, 2024
Agroalimentare

Prandini (Coldiretti): agricoltori pronti a coltivare un milione di ettari in più. Ridurre l’import e creare 200 mila posti di lavoro

Gli agricoltori italiani sono oggi pronti a coltivare un milione di ettari in più per garantire la sovranità alimentare del Paese. A sostenerlo è il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel presentare al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Villa Miani a Roma. Per la Confederazione è possibile “ridurre la dipendenza dall’estero e rassicurare quel 51% di cittadini che ha paura che il cibo non arrivi più sulle tavole a causa degli sconvolgimenti globali legati alla guerra secondo il Censis”.

Puntare su sé stessi

Secondo il leader della Coldiretti si può aumentare la superficie agricola coltivata e “invertire una tendenza”, spiega Prandini, “che nel giro degli ultimi cinquant’anni ha visto scomparire un campo agricolo su tre”. “Un crollo”, fa presente, “della capacità produttiva che ha aumentato drasticamente gli arrivi di prodotti alimentari dall’estero, con un incremento del 30% dei primi otto mesi del 2022@.

Dipendenti dall’estero

Il risultato di questo calo produttivo per la Confederazione è che oggi l’Italia è dipendente ed è costretta ad importare i 3/4 (73%) della soia, il 64% della carne di pecora, il 62% del grano tenero, il 53% della carne bovina, il 46% del mais, il 38% della carne di maiale e i salumi, il 36% dell’orzo, il 35% del grano duro per la pasta e il 34% dei semi di girasole, mentre per latte e formaggi ci si ferma al 16%, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.

Rilancio di Europa e Italia

“La pandemia prima e la guerra poi hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito e servono rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare come cardine strategico per la sicurezza”, spiega il presidente della Coldiretti, “ma ciò sarà possibile solo attraverso interventi urgenti e scelte strutturali. La spinta ad incrementare la produzione nazionale per garantire al Paese cibo di qualità, sostenibile e al giusto prezzo viene peraltro dagli stessi cittadini italiani con l’88% che chiede di aumentare gli investimenti pubblici in agricoltura e che il 93% che vorrebbe fosse incrementata la produzione nazionale di prodotti agricoli, secondo Coldiretti/Censis”.

Capacità produttiva

“Il primo passo nella strada del recupero della capacità produttiva è”, sostiene Prandini, “lavorare sulle infrastrutture e in particolare sul sistema degli invasi artificiali, con la realizzazione di oltre 220 invasi (laghetti artificiali) che darà la possibilità di rendere irrigui quasi 500 mila ettari. I laghetti consentirebbero peraltro di produrre energia da fonti rinnovabili, sia attraverso la realizzazione di circa 350 impianti fotovoltaici galleggianti, sia attraverso il processo di produzione idroelettrico. In totale 7 milioni di megawattora all’anno.
Per recuperare terre fertili è poi necessario”, spiega Prandini, “promuovere processi innovativi di affidamento e gestione dei campi abbandonati o in fase di abbandono per altri 500 mila ettari”

Maxi piano per l’occupazione

Un piano combinato che porterebbe un incremento del valore aggiunto agricolo per circa 3 miliardi di euro con la creazione di 200 mila nuovi occupati in agricoltura, secondo le previsioni Coldiretti.
Per ridurre la dipendenza energetica e alimentare dall’estero l’Italia non può fare a meno del Pnrr, dove serve il massimo impegno di tutti per non rischiare di perdere quella che è un’occasione irripetibile.
“Pensiamo all’importanza dei contratti di filiera ma serve anche”, puntualizza infine il presidente della Coldiretti, “investire sulla digitalizzazione delle con lo sviluppo di applicazioni di agricoltura di precisione, dall’ottimizzazione produttiva e qualitativa alla riduzione dei costi aziendali, dalla riduzione al minimo dell’impatto ambientale con sementi, fertilizzanti, agrofarmaci fino al taglio dell’uso di acqua e sul consumo di carburanti. In tale ottica”, conclude Prandini, “è importante anche accelerare sul riconoscimento del ruolo delle nuove tecniche di evoluzione assistita (Nbt) per investire sulla genetica green capace di tutelare l’ambiente, proteggere le produzioni agricole con meno pesticidi e difendere il patrimonio di biodiversità”.

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