domenica, 17 Novembre, 2024
Agroalimentare

Pesca e Acquacoltura. Un programma triennale Agripesca-Uci contro la crisi

La pesca in difficoltà, le proposte di Agripesca-Uci. Criticità e possibili soluzioni analizzate nell’ambito di due importanti eventi di settore

L’Italia vanta oltre 7.000 km di coste: è comprensibile come la pesca rivesta un’importanza strategica per la diffusione capillare sul territorio e per il coinvolgimento di due filiere chiave per il nostro Paese, quella agroalimentare e quella marittima. Il sistema Pesca racchiude in seno il tema della sostenibilità, del rispetto delle normative europee, del rapporto con il territorio e con gli altri Stati, della governance dei flussi migratori. Il mare non è più solo un soggetto con cui relazionarsi, ma assurge al ruolo di protagonista e destinatario della somma di attività complesse chiamate “economia del mare”. Fisiologicamente, dunque, ha la necessità di interfacciarsi con un’altra grande dimensione: la “politica del mare”.

Ne abbiamo parlato con Mario Serpillo, Presidente nazionale di Agripesca-UCI, a margine degli eventi organizzati di recente in due luoghi simbolo della pesca nazionale: a Siniscola (NU), con il convegno dal titolo “Sviluppo sostenibile della pesca: criticità e soluzioni per una risposta green” e successivamente a Trapani “Competitività delle imprese di pesca”. Il confronto nasce nell’ambito del Programma triennale della Pesca marittima e dell’Acquacoltura 2022-2024, annualità 2022così come espresso dal D.M. n. 56720 del 7 febbraio 2022, e punta ad analizzare le ragioni di una crisi che deriva da lontano, portando proposte e soluzioni in grado di farci avvicinare quanto più possibile all’obiettivo posto dal richiamato Decreto: il massimo produttivo sostenibile.

Scontiamo, probabilmente, la mancanza di una vera “politica del mare”, capace di far convivere il comparto agroalimentare con la mercantilistica, l’integrazione dei porti, la creazione di infrastrutture di raccordo, il turismo. Manca, oserei dire, una visione d’insieme, il riconoscimento dell’“economia del mare” come argomento strategico per il Paese e soprattutto per il mezzogiorno. Probabilmente manca una politica che riesca a riconoscere la blue economy per quello che dovrebbe essere: una priorità per lo sviluppo del Paese! Di fatto, non stiamo sfruttando il Mediterraneo come risorsa naturale e produttiva, vera leva di sviluppo per il sistema Paese” l’analisi lucida del Presidente Serpillo, all’interno degli eventi sopra menzionati.

Ma anche il tema della sovranità alimentare ha a che fare con la pesca! In un momento storico in cui i costi produttivi che le Imprese devono sostenere sono esplosi, come diretta conseguenza del conflitto russo-ucraino, poter contare su una risorsa alimentare a portata di mano, dalla qualità certificata e con produzione prettamente locale è certamente un plus. In base ai dati del 2021, l’Italia è costretta ad importare più del 70% del pesce che consuma ed anche l’Europa esaurisce ben presto le sue scorte. Il WWF identifica in luglio, periodo in cui siamo più abituati a consumare il pesce a tavola, il mese durante il quale si dovrebbe tenere il cosiddetto Fish Dependence Day: coincide, però, con il mese in cui l’Europa esaurisce l’equivalente della propria produzione interna annua di pesce, molluschi e crostacei. La domanda europea di prodotti ittici è, infatti, molto alta: se ogni cittadino europeo consuma, in un anno, mediamente 23 Kg. di pesce pro-capite, gli italiani sono ancora più appassionati di questo alimento, con i loro 29 Kg/anno. Ecco, allora, che il mese del Fish Dependence Day negli ultimi tre decenni viene a mano a mano sempre più anticipato: segno, questo, di un palese e progressivo impoverimento delle risorse, connesso alla crisi globale della pesca al pari di quanto succede, ad esempio, per il patrimonio energetico.

Interrogato sullo stato di salute delle Aziende ittiche italiane, il Presidente di Agripesca-UCI così si esprime: “Gli argomenti più rilevanti per il mondo delle imprese sono due: il lavoro e la transizione energetica, che deve passare attraverso l’innovazione meccanica, per lasciare il petrolio ed andare verso il gas, più performante e meno inquinante. Il settore Pesca, il lavoro stesso dei pescatori, necessita di una rivisitazione normativa generale, poiché si tratta di attività rischiosa, logorante, che va aiutata, evitando di caricare gli equipaggi di carichi eccessivamente onerosi, prevedendo adeguata sicurezza e formazione. Per migliorare la produttività e l’impatto ambientale delle Aziende della pesca è necessario intervenire sulla flotta, una delle più vetuste d’Europa; occorre dotarci di risorse per l’ammodernamento delle imbarcazioni, azione che può incidere sul soddisfacimento della domanda interna, sulla sostenibilità del comparto, sul costo finale delle produzioni, sulla sicurezza del lavoro e in definitiva sulla sostenibilità dell’intero sistema pesca italiano. È forse giunto il momento di introdurre la rilevazione satellitare. C’è la necessità di una riconversione tecnologica a tutto tondo del comparto Pesca. Auspico che il Ministero si faccia carico del ruolo di volano per avviare ed indirizzare nel giusto modo i suddetti processi”.

L’impianto normativo di settore presenta alcune criticità? “È quello che ripetiamo in tutte le marinerie in cui siamo presenti, in Puglia, Sicilia, Sardegna, Campania, lungo l’Adriatico. I costi del fare impresa in mare sono ancora troppo alti: è necessario introdurre quanto prima una semplificazione normativa significativa, onde liberarci della stringente burocrazia che, anche in questo settore, richiede fin troppo tempo ed energie. Il risultato di tali interventi porterà inevitabilmente ad un miglioramento delle condizioni d’impresa e anche ad una più che probabile crescita dei livelli d’occupazione. È adesso il momento di attuare una corretta gestione della Pesca nei rispettivi ambiti regionali”, l’intervento di Serpillo.   

Il PNRR può essere d’aiuto? “Certamente. Lo strumento del PNRR è la chiave che può riuscire a creare le condizioni per l’integrazione della logistica e per far sviluppare una politica industriale capace di sostenere gli investimenti delle Imprese nelle sfide della digitalizzazione e della transizione energetica e ambientale. Auspico che si stia andando verso una vera governance, un coordinamento delle politiche attive della Pesca nazionale, chiamiamola una “cabina di regia”, conclude il Presidente di Agripesca-UCI.

2022-2024: l’impegno di AGRIPESCA-UCI

L’Italia vanta oltre 7.000 km di coste: è comprensibile come la pesca rivesta un’importanza strategica per la diffusione capillare sul territorio e per il coinvolgimento di due filiere chiave per il nostro Paese, quella agroalimentare e quella marittima. Il sistema Pesca racchiude in seno il tema della sostenibilità, del rispetto delle normative europee, del rapporto con il territorio e con gli altri Stati, della governance dei flussi migratori. Il mare non è più solo un soggetto con cui relazionarsi, ma assurge al ruolo di protagonista e destinatario della somma di attività complesse chiamate “economia del mare”. Fisiologicamente, dunque, ha la necessità di interfacciarsi con un’altra grande dimensione: la “politica del mare”.

Ne abbiamo parlato con Mario Serpillo, Presidente nazionale di Agripesca-UCI, a margine degli eventi organizzati di recente in due luoghi simbolo della pesca nazionale: a Siniscola (NU), con il convegno dal titolo “Sviluppo sostenibile della pesca: criticità e soluzioni per una risposta green” e successivamente a Trapani “Competitività delle imprese di pesca”. Il confronto nasce nell’ambito del Programma triennale della Pesca marittima e dell’Acquacoltura 2022-2024, annualità 2022così come espresso dal D.M. n. 56720 del 7 febbraio 2022, e punta ad analizzare le ragioni di una crisi che deriva da lontano, portando proposte e soluzioni in grado di farci avvicinare quanto più possibile all’obiettivo posto dal richiamato Decreto: il massimo produttivo sostenibile.

Scontiamo, probabilmente, la mancanza di una vera “politica del mare”, capace di far convivere il comparto agroalimentare con la mercantilistica, l’integrazione dei porti, la creazione di infrastrutture di raccordo, il turismo. Manca, oserei dire, una visione d’insieme, il riconoscimento dell’“economia del mare” come argomento strategico per il Paese e soprattutto per il mezzogiorno. Probabilmente manca una politica che riesca a riconoscere la blue economy per quello che dovrebbe essere: una priorità per lo sviluppo del Paese! Di fatto, non stiamo sfruttando il Mediterraneo come risorsa naturale e produttiva, vera leva di sviluppo per il sistema Paese” l’analisi lucida del Presidente Serpillo, all’interno degli eventi sopra menzionati.

Ma anche il tema della sovranità alimentare ha a che fare con la pesca! In un momento storico in cui i costi produttivi che le Imprese devono sostenere sono esplosi, come diretta conseguenza del conflitto russo-ucraino, poter contare su una risorsa alimentare a portata di mano, dalla qualità certificata e con produzione prettamente locale è certamente un plus. In base ai dati del 2021, l’Italia è costretta ad importare più del 70% del pesce che consuma ed anche l’Europa esaurisce ben presto le sue scorte. Il WWF identifica in luglio, periodo in cui siamo più abituati a consumare il pesce a tavola, il mese durante il quale si dovrebbe tenere il cosiddetto Fish Dependence Day: coincide, però, con il mese in cui l’Europa esaurisce l’equivalente della propria produzione interna annua di pesce, molluschi e crostacei. La domanda europea di prodotti ittici è, infatti, molto alta: se ogni cittadino europeo consuma, in un anno, mediamente 23 Kg. di pesce pro-capite, gli italiani sono ancora più appassionati di questo alimento, con i loro 29 Kg/anno. Ecco, allora, che il mese del Fish Dependence Day negli ultimi tre decenni viene a mano a mano sempre più anticipato: segno, questo, di un palese e progressivo impoverimento delle risorse, connesso alla crisi globale della pesca al pari di quanto succede, ad esempio, per il patrimonio energetico.

Interrogato sullo stato di salute delle Aziende ittiche italiane, il Presidente di Agripesca-UCI così si esprime: “Gli argomenti più rilevanti per il mondo delle imprese sono due: il lavoro e la transizione energetica, che deve passare attraverso l’innovazione meccanica, per lasciare il petrolio ed andare verso il gas, più performante e meno inquinante.  Il settore Pesca, il lavoro stesso dei pescatori, necessita di una rivisitazione normativa generale, poiché si tratta di attività rischiosa, logorante, che va aiutata, evitando di caricare gli equipaggi di carichi eccessivamente onerosi, prevedendo adeguata sicurezza e formazione. Per migliorare la produttività e l’impatto ambientale delle Aziende della pesca è necessario intervenire sulla flotta, una delle più vetuste d’Europa; occorre dotarci di risorse per l’ammodernamento delle imbarcazioni, azione che può incidere sul soddisfacimento della domanda interna, sulla sostenibilità del comparto, sul costo finale delle produzioni, sulla sicurezza del lavoro e in definitiva sulla sostenibilità dell’intero sistema pesca italiano. È forse giunto il momento di introdurre la rilevazione satellitare. C’è la necessità di una riconversione tecnologica a tutto tondo del comparto Pesca. Auspico che il Ministero si faccia carico del ruolo di volano per avviare ed indirizzare nel giusto modo i suddetti processi”.

L’impianto normativo di settore presenta alcune criticità? “È quello che ripetiamo in tutte le marinerie in cui siamo presenti, in Puglia, Sicilia, Sardegna, Campania, lungo l’Adriatico. I costi del fare impresa in mare sono ancora troppo alti: è necessario introdurre quanto prima una semplificazione normativa significativa, onde liberarci della stringente burocrazia che, anche in questo settore, richiede fin troppo tempo ed energie. Il risultato di tali interventi porterà inevitabilmente ad un miglioramento delle condizioni d’impresa e anche ad una più che probabile crescita dei livelli d’occupazione. È adesso il momento di attuare una corretta gestione della Pesca nei rispettivi ambiti regionali”, l’intervento di Serpillo.   

Il PNRR può essere d’aiuto? “Certamente. Lo strumento del PNRR è la chiave che può riuscire a creare le condizioni per l’integrazione della logistica e per far sviluppare una politica industriale capace di sostenere gli investimenti delle Imprese nelle sfide della digitalizzazione e della transizione energetica e ambientale. Auspico che si stia andando verso una vera governance, un coordinamento delle politiche attive della Pesca nazionale, chiamiamola una “cabina di regia”, conclude il Presidente di Agripesca-UCI.

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