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Lezioni dal fallimento di FTX. Cryptovalute. L’Europa si dia regole comuni

martedì, 22 Novembre 2022
1 minuto di lettura

Sulle cripto-attività molte chiacchiere e pochi fatti.

Non mi pare infatti più procrastinabile l’adozione di una regolamentazione di primo livello degli Stati europei e di quelli maggiormente esposti, soprattutto dopo la bancarotta di FTX.

Questo evento induce quanto meno a due riflessioni che ai più sembreranno ridondanti e banali, ma che non risultano essere ancora state recepite dalle menti dei decisori politici ed istituzionali.

Senza guardare al profilo potenzialmente criminogeno dell’utilizzo di cripto asset, fermiamoci a quello lecito e tracciato. Il fallimento di mercato riguarda qui una grossa piattaforma autorizzata del trading di
criptovalute, nella quale hanno investito milioni di cittadini e intermediari finanziari nel mondo, compresi, a quanto pare, 100.000 nostri connazionali.

Quello che stupisce più di tutti è il ruolo degli investitori istituzionali (fondi, banche, imprese di investimento), cioè di coloro che per mestiere calcolano rischi ed opportunità. Con fior fior di analisti e strutture che, all’evidenza , hanno miseramente mancato alla loro mission istituzionale. Le regole basiche della finanza –
frazionamento del rischio e informazione della clientela, per tutte  – sono state quantomeno colpevolmente ignorate.  Con ciò confermando tutto l’allarme che le autorità bancarie europee e non solo continuano a
lanciare sulla rischiosità eccessiva di questi investimenti.

L’altra questione che  prepotentemente si pone alla nostra attenzione nel caso di specie è quella delle competenze tecniche e scientifiche sulla materia, che paiono essere ancora troppo deboli e lacunose,
nonostante i proclami di studiosi e intermediari favorevoli alla cashless society e alla disintermediazione dei (più costosi, a detta loro) canali ufficiali del credito e della finanza.

Senza un esame critico delle opportunità, prima, e dei rischi, poi, da parte di ciascuno degli stakeholders, nessuno escluso, il nervo resta scoperto.

Se ci aggiungiamo poi la questione energetica, che sta destabilizzando già abbastanza anche i mercati degli strumenti tradizionali, e che interessa le cryptovalute per l’enorme dispendio (energetico) necessario
alla loro produzione (mining), anche l’Italia deve urgentemente muoversi nel solco delle idee ed istituti giuridici già percorsi , per adattarli alla nuova cryptoeconomy.

Ranieri Razzante*

Dottore commercialista e Revisore dei conti, Avvocato in Roma.
Consigliere per la Cybersecurity del Sottosegretario alla Difesa.
Docente di “Intermediazione finanziaria e Legislazione antiriciclaggio” nell’Università di Bologna (sede di Forlì), e di “Diritto dell’Economia” presso l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale.
Docente titolare altresì di “Legislazione antiriciclaggio e antiterrorismo” presso gli Istituti di Istruzione delle Forze dell’ Ordine.
È stato Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia.
Fondatore e Presidente dell’Associazione Italiana Responsabili Antiriciclaggio (AIRA). Dirige il “Centro di Ricerca sulla Sicurezza ed il Terrorismo” (CRST) in Roma.
Opinionista TgCom 24 e Rai su tematiche legate alla Sicurezza e alla Geopolitica.
Direttore delle riviste “Diritto penale della globalizzazione” e “Antiriciclaggio & Compliance”.

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