La crisi russa e la difficoltà dell’approvvigionamento hanno spinto i prezzi del gas naturale a livelli mai raggiunti prima, con un conseguente forte aumento dei costi energetici. Costi che sarebbero stati ancora più impattanti in Asia senza il contributo delle fonti rinnovabili. È questa la tesi sostenuta dal rapporto The sunny side of Asia, pubblicato dal Center for Research on Energy and Clean Air (CREA) in collaborazione con l’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA).
Lo studio rileva come in sette Paesi chiave Cina, India, Giappone, Corea del Sud, Vietnam, Filippine e Thailandia grazie al contributo della fonte solare è stata evitata l’importazione di combustibili per miliardi di dollari, oltre ad aver rafforzato la sicurezza energetica. In particolare, secondo il rapporto, nel periodo gennaio-giugno 2022 i costi evitati sono stati pari a circa 34 miliardi di dollari. La Cina, dove l’energia solare ha soddisfatto il 5 per cento della domanda totale di elettricità, capeggia questa caratteristica classifica con 21 miliardi di dollari di costi evitati per ulteriori importazioni di combustibili fossili.
A seguire il Giappone con 5,6 miliardi di dollari, l’India con 4,2, il Vietnam con 1,7 miliardi di dollari grazie all’11 per cento soddisfatto dal solare, e la Corea del Sud con 1,5. In Thailandia e nelle Filippine, dove la crescita del fotovoltaico è stata più lenta e ha rappresentato nei primi sei mesi del 2022 rispettivamente il 2 e l’1 per cento della generazione elettrica, i potenziali costi evitati raggiungono i 209 e i 78 milioni di dollari. “Negli ultimi mesi la dipendenza dalle importazioni di carbone e gas si è rivelata costosa e inaffidabile. Il passaggio alle fonti rinnovabili come il fotovoltaico può aiutare a ridurre i costi complessivi del sistema e anche gli oneri per i consumatori, producendo un abbassamento delle tariffe”, ha dichiarato Vibhuti Garg, Direttore per l’Asia meridionale presso lo IEEFA.