domenica, 15 Settembre, 2024
Attualità

Banche malate, vigilanza da rafforzare

Negli ultimi anni l’elenco delle banche gravemente malate che hanno creato gravi problemi ai risparmiatori, agli investitori, ai depositanti, alle imprese e in ultima analisi allo Stato si è allungato: Monte Paschi di Siena, Banca Etruria, CariChieti, Banca delle Marche, Cassa di risparmio di Ferrara, Veneto Banca, Banca popolare di Vicenza, Banca Carige e ora la Banca popolare di Bari.

Com’è possibile che le banche si riducano in queste condizioni e che non si riesca ad intervenire per tempo per evitare che comportamenti sbagliati, o addirittura volutamente dolosi, generino conseguenze nefaste ed onerose del deterioramento di questi istituti di credito?

Il malessere delle banche non è una malattia che riguardi solo l’Italia. A parte il travolgente fallimento della Lehman Brothers e di alcune banche inglesi e irlandesi, c’è stato il caso di quelle spagnole per salvare le quali l’Europa concesse 100 miliardi di aiuti; e ora bisognosi di cure ci sono due colossi tedeschi come Deutsche Bank e Commerzbank. Mal comune mezzo gaudio? Tutt’altro.

Non ci possiamo consolare pensando ai guai altrui. Mettere al sicuro i sistemi creditizi dei Paesi è importante per evitare pericolosi effetti domino che finiscono per travolgere l’intera economia di uno Stato. La vigilanza europea sta facendo grandi passi avanti ma certamente non può ancora bastare.

In Italia a vigilare sulle banche c’è una importante e solida istituzione come la Banca d’Italia che, da quando siamo entrati nell’euro, ha come principale funzione proprio quella di sorvegliare sul corretto funzionamento delle banche, piccole o grandi che siano e di intervenire prima che sia troppo tardi.

C’è poi la Consob che si occupa di vigilare sulle società quotate e sull’emissione di prodotti finanziari che le banche mettono in circolazione per raccogliere risorse. Bankitalia e Consob fanno bene il loro lavoro? La domanda è legittima, ma la risposta non è facile.

Se si guarda ai risultati e al numero di banche arrivate sull’orlo del fallimento bisognerebbe concludere che qualcosa non è andato per il verso giusto. Ma cosa non va? C’è forse una sottovalutazione da parte dei vigilanti rispetto all’importanza del loro ruolo? C’è forse una eccessiva vicinanza tra vigilanti e vigilati che rende il rapporto un po’ incestuoso?

Un vero approfondimento di questi temi in sede politica non c’è mai stato. È prevalso, finora, sempre l’idea di cercare colpevoli o di cercare assoluzioni. Ma il problema del rafforzamento dei controlli non è mai stato affrontato seriamente.

La costituenda commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche dovrebbe servire ad avviare una ricognizione dei problemi per individuare soluzioni e non per sfogare odi e anche giusti risentimenti.

Ci si deve chiedere se i poteri che hanno Consob e soprattutto Banca d’Italia siano davvero adeguati per poter esercitare un ruolo di vigilanza preventiva efficace e tempestiva. Si potrebbe immaginare di conferire a queste due istituzioni i poteri di indagine della magistratura per poter accedere a tutti i dati necessari e per poter intervenire con poteri sanzionatori diretti e non delegati alla magistratura ordinaria.

Si dovrebbero, forse, destinare maggiori risorse umane ed economiche ai settori della vigilanza creditizia in modo da tenere sotto costante osservazione l’intero sistema formato da circa 600 banche.

La politica ha gioco facile nel prendersela con Consob e Bankitalia e nel limitarsi a indicare i “colpevoli”. Ma la politica non deve solo denunciare ma trovare soluzioni ai problemi: investire maggiori risorse per rafforzare la vigilanza costa sicuramente meno dei salvataggi che lo stato è costretto ad operare per evitare disastri derivanti dalla vigilanza insufficiente.

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