martedì, 17 Dicembre, 2024
Cultura

O Sentimental Machine, l’ombra di un’ombra al Romaueuropa Festival

L’ombra crea la verità. Questa sembra essere la partitura che sottende tutti i 70 minuti dello spettacolo “O Sentimental Machine”, presentato in prima nazionale all’Auditorium Parco della Musica, nell’ambito del Romaeuropa Festival, il 28 ottobre scorso. Lo spettacolo è il prodotto creativo dell’incontro tra Francois Sarhan, compositore e artista visivo, l’artista sud africano William Kentridge, e Ictus Ensemble, ensemble belga a cui sarà affidato anche il gran finale di Romaeuropa Festival, il prossimo 20 novembre.

O sentimental machine ©Willliam Kentridge

Commissionato e prodotto da Philarmonie e Les Teatre de la Ville de Luxembourg, lo spettacolo è frutto di una lunga ricerca artistica che ha dato vita nel 2008 alla creazione di “Telegrams from the Nose”, in cui attraverso animazioni video, musica live, pantomime espressive, si evidenziano i tre elementi differenti che confluiscono intorno alla figura dell'”Uomo Nuovo” e del suo rovescio, l’uomo accusato e sacrificato, tirato fino allo smembramento tra comunismo sovietico, scientismo frenetico e modernità artistica. Dopo la prima mondiale al Rainy Days Festival, i due artisti William Kentridge e Francois Sarhan, hanno presentato al pubblico la seconda parte di “Telegrams”, questa “O Sentimental Machine” che riconferma l’ottima selezione del Romaeuropa Festival per il suo pubblico. “O Sentimental Machine” non delude le aspettative, piuttosto travolge in un onirismo favoloso e distopico contemporaneamente.

Quando le luci di sala si abbassano per l’inizio dello spettacolo, la musica turba e spinge, tira per la giacca, stacca dall’ancoraggio presente per offrire lo spettatore al potere immersivo delle immagini. La rivoluzione russa è al centro della scena, raccontata attraverso lo sguardo dei rivoluzionari russi degli anni Venti e Trenta. Le animazioni video di Kentridge raccontano per immagini la propanganda Staliniana, tra megafoni antropomorfi che seducono la segretaria di Leon Trostsky, ad enfatizzare il potere rastrellante delle propagande di regime. Ma la mente dello spettatore non trova approdo in questa presa di coscienza, perché lo spettacolo è un continuo altrove, nel quale si è spinti a forza, in una sinestesia in cui i sensi sonotirati da stimoli opposti, con voluta intenzione di turbare, eccitare, spingere in modo sempre più incalzante verso una non soluzione, verso l’esito d’ombra che trova chi cerca certezze seguendo le molliche della propaganda.

La musica, infatti, torna come contrappunto alle immagini, con l’esecuzione della colonna sonora originale del film “Interplanetary Revolution”, un allucinante fumetto di fantascienza proletario prodotto in U.R.S.S. nel 1924, suonata con strumenti stroh a bassa tecnologia, amplificati da un corno, realizzati dal musicista jazz francese Matthieu Metzger. Intanto, per tutto il tempo sul palco, lo stesso compositore Sarhan, recita slogan della propaganda, verbali dei processi farsa stalinisti, visioni deliranti pseudo-scientifiche sulle donne. Le immagini animate vincono su tutto, chiedono ancora un oltre allo sguardo, si trasformano in meta-animazione, attraverso finestre da cui si scorge un altro mondo di animazioni futuriste.

E mentre l’approdo ad una dimensione umana sembra decretarsi impossibile, mentre l’immagine racconta con crescente forza la vittoria dell’ombra, attraverso la proiezione di un’ascia che colpisce l’ombra dell’attore, che si sgretola e si ricompone indenne, per approdare alla dimensione reale, arriviamo al fiinale. Immagini del funerale di Stalin, lacrime del popolo, estratti d’archivio storico si conciliano un una composizione musicale corale, intensa, una carezza sulle macerie della propaganda e della velocità, per dirci che senza ombra non c’è umanità.

Foto: ©Willliam Kentridge

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