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In Italia si fanno meno figli a causa della crisi

venerdì, 28 Ottobre 2022
1 minuto di lettura

Le tre grandi emergenze del nostro tempo, guerra, pandemia e l’attuale crisi economica, hanno ulteriormente aggravato il fenomeno della denatalità, che adesso nel Paese è diventata una priorità assoluta. A lanciare l’allarme i neonatologi italiani in occasione del XXVIII Congresso nazionale di Firenze. “I neonati non sono ancora al centro degli obiettivi del nostro Paese e continueranno a non esserlo se non si cambia rotta rapidamente, con politiche strutturali di sostegno alla famiglia e soprattutto ai giovani. L’assegno unico universale ha rappresentato un grande passo avanti, ma da solo non basta. La denatalità è una vera e propria emergenza sociale e come tale deve essere affrontata. Non può essere considerato un problema tra gli altri. Non è una questione meramente demografica ma sociale, economica e culturale. L’Italia non è un paese per bambini!”, ricorda Luigi Orfeo, Presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN).

La guerra in Ucraina, infatti, è solo l’ultima delle grandi emergenze che nell’ultimo decennio in particolare, hanno contribuito a ridefinire l’evento nascita e ancora di più l’infanzia. Le immagini che da febbraio ci giungono dal cuore dell’Europa e soprattutto l’impatto sull’economia, con la crisi energetica e delle materie prime, hanno ulteriormente aggravato una situazione già drammatica e gli effetti sulla natalità non tarderanno a farsi sentire. Secondo i dati provvisori ISTAT per il primo trimestre 2022, a marzo il calo delle nascite è al massimo: -11,9% rispetto allo stesso mese del 2021.

“Il conflitto è arrivato quando il nostro Paese stava appena uscendo dalla pandemia, di cui stiamo ancora contando i danni”, continua Orfeo. “Due anni e mezzo terribili, che hanno colpito in particolar modo i nostri piccoli. I lockdown, le mascherine, i vaccini, veder soffrire e morire i propri cari, interrompere le attività ludico-ricreative per lunghi mesi, la didattica a distanza. I centri nascita sono stati messi a dura prova, ma i neonatologi italiani non si sono fatti trovare impreparati, riuscendo a gestire l’emergenza nelle Terapie Intensive Neonatali e nei reparti materno-infantili”, conclude.

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