Così parlò Giorgia: “Sono la prima donna incaricata come presidente del Consiglio dei ministri nella storia d’Italia, provengo da un’area culturale che è stata spesso confinata ai margini della Repubblica, e non sono certo arrivata fin qui fra le braccia di un contesto familiare e di amicizie influenti. Rappresento ciò che gli inglesi chiamerebbero l’ “underdog”, lo sfavorito”.
Gli underdog e la voglia di vincere
In perenne bilico tra Davide e Golia, il nostro immaginario è fatto di rapporti di forza. Il forte e il debole. Il favorito e, appunto, lo sfavorito. Il top dog e l’underdog. Ovvero pensiamo in termini di status. Questo basterebbe a capire il senso della vittoria della Meloni.
Infatti, come spiega bene l’ipotesi dell’autocongruenza, ciascuno di noi tende a scegliere ciò che meglio rappresenta la propria condizione attuale e/o quella desiderata. Per questo il brand “Giorgia”, per usare una metafora di marketing, è stato molto potente perché ci ha raccontato la storia di una sfavorita che ha saputo ribaltare il pronostico, un supereroe nella cui storia i suoi elettori si sono identificati.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che nell’ultima competizione elettorale lei è stata l’indiscussa favorita. Al punto che il messaggio chiave della campagna è stato: non è tanto se noi siamo pronti, il punto è se lo siete voi, prossimi supereroi.
Questo invito all’identificazione sarebbe poi diventato l’architrave di un governo di identità nazionale. Siamo una cosa sola, ha di fatto sottolineato. Siamo l’Italia, la nave messa peggio delle altre, ma che ce la farà meglio delle altre. Ancora l’underdog e una nuova sfida, collettiva questa volta.
Nuovi orizzonti e vecchi ricordi
Nell’aria c’è energia. O almeno questa è la stata la sensazione. Ed è forse ciò di cui abbiamo bisogno, dopo una brutta e lunga nottata. Insomma, gli ingredienti per una narrazione vincente ci sono tutti e tutti sapientemente messi in fila. La promessa è stata fatta e il guanto di sfida per conquistare un futuro migliore è stato lanciato.
Da qui in poi però si gioca una nuova partita e, si spera, con la medesima determinazione nel voler ribaltare il pronostico. Anche perché negli anni passati sono stati altri underdog a vincere il primo tempo, a conferma dello stato di salute in cui versa l’altra metà del cielo italiano, quella parte che non siede in parlamento e che vorrebbe un miglioramento delle proprie condizioni di vita. Di quella volta conosciamo il finale.