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Riforma della Giustizia. Nordio e la speranza di una vera svolta

sabato, 29 Ottobre 2022
1 minuto di lettura

Linee chiare, comunicate in modo semplice ed efficace. Così inizia il ministero del nuovo Guardasigilli, già Procuratore Aggiunto di Venezia nonché Presidente della Commissione di riforma del Codice Penale (2002 – 2006). La materia sulla quale intende intervenire Nordio è contenuta nelle sue stesse recenti dichiarazioni: la discrezionalità dell’esercizio dell’azione penale da parte degli Uffici di Procura e l’indimenticata separazione delle carriere.

Sgombriamo il campo da retropensieri: quello che propone il Ministro non è una copia del sistema americano, ma una discrezionalità ancorata a criteri obiettivi, relativi ai carichi giudiziari dei singoli Tribunali; in altri termini una razionalizzazione e concentrazione delle – già risicate – risorse di cui è attualmente destinatario il Sistema giudiziario, penale e non solo.

Si tratterebbe nient’altro che della formalizzazione di uno stato di fatto che già la Riforma Cartabia attua dal 1’ Novembre: criteri di priorità “finalizzati a selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza”. Da qui alla discrezionalità, intesa nei termini di cui si è detto, il passo è brevissimo.

E anche sulla separazione delle carriere, il Ministro della Giustizia ha idee molto nitide e cultura giuridica per giungere alla soluzione di quel cubo di Rubik troppo spesso preso ed adagiato sul comodino (a più riprese da almeno un ventennio) dal Legislatore.

Divisione però che ha nulla col latino “divide et impera”, perché nel progetto Nordio la Procura non sarà mai sottoposta all’esecutivo o al potere politico. Carriere diverse e PM liberi, vieppiù dall’obbligatorietà dell’azione penale.

Il post Cartabia parte sotto la più illuminata stella, quella della Giustizia e delle garanzie irrinunciabili delle parti processuali, nel proseguo dell’ottimo lavoro già svolto col Governo precedente. E che sia proprio un ex PM a regolare il sistema, restituendo al popolo italiano, come la Costituzione insegna, quella piena fiducia che la Magistratura deve avere e che permette alla stessa di essere amministrata nel suo nome.

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