Il crollo demografico che sta colpendo l’Italia non è certo un fenomeno che può sorprendere e per questo non deve cogliere impreparato il Paese che deve far fronte a questa emergenza. Se si parte dal presupposto che ogni componente della società, dagli individui alla collettività organizzata, giochi un ruolo decisivo nella partita della natalità, diventa subito chiaro che attraverso il welfare aziendale questo problema può trovare risposta. Le imprese si stanno dimostrando sempre più consapevoli e sensibili al problema che può ridurre vertiginosamente la popolazione entro la fine del secolo tutelando attraverso questo strumento il benessere dei propri dipendenti. L’Italia è passata da 60.5 milioni di abitanti di 7-8 anni fa ai meno di 59 milioni attuali e arriverà a circa 55 milioni entro la fine del decennio e a 37-38 milioni alla fine del secolo.
È un’ottima notizia che il nostro Paese sia uno dei più longevi nel mondo occidentale però questo effetto, accompagnato dall’effetto sfavorevole nel lato nascite, crea uno squilibrio. Uno squilibrio sicuramente amplificato dal Covid nel 2020, visto che nel 2021 in Italia sono nati 399.000 bambini contro i 740.000 nati in Francia.
Gli italiani fanno meno figli, ma soprattutto a causa del crollo delle nascite nei decenni scorsi sono pochi i genitori potenziali. Ecco, quindi, come L’Italia è finita nella ‘trappola demografica’. Una spirale distruttiva che porta con sé un’economia più debole, imprese poco innovative, pensioni insostenibili, scuole chiuse e territori desertificati. In una parola, il declino e il welfare aziendale per tutelare il benessere dei dipendenti è lo strumento per stimolare persone, politica, amministrazioni e aziende a recuperare la necessaria “connessione emotiva con la società” e per questa via, a investire sulla natalità.