La partenza non era stata quella auspicata, poi la Ferrari si è un po’ incartata e l’olandese volante non si è fatto pregare, andando a prendersi il suo secondo titolo mondiale con largo anticipo anche grazie a una Red Bull che pure in pista ha messo le ali. Max Verstappen chiude i giochi già a Suzuka, quando ancora da calendario mancano 4 Gp alla fine:
questo la dice lunga sul dominio del figlio d’arte, che a 25 anni iscrive il suo nome nell’albo d’oro per la seconda volta, eguagliando i vari Ascari, Graham Hill, Clark, Emerson Fittipaldi, Hakkinen e Alonso. Se il Mondiale conquistato lo scorso anno all’ultimo respiro ai danni di Hamilton – non senza polemiche per la gestione della gara di Abu Dhabi da parte di Masi – è stato quello della consacrazione, il titolo arrivato a Suzuka rappresenta invece la conferma. E pensare che dopo le prime tre gare forse nemmeno Verstappen avrebbe scommesso sul suo bis: è vero che c’era stata la vittoria in Arabia Saudita ma sia in Bahrain che in Australia la sua Red Bull lo aveva tradito, costringendolo in entrambi i casi al ritiro. Il tutto mentre la Ferrari tornava agli antichi fasti con un Leclerc incontenibile e una classifica piloti che vedeva il monegasco a quota 71 contro i 25 punti di Max.
Poi, però, la musica cambia. Se le Rosse continuano a volare in qualifica, in gara – fra errori e sfortuna – la Ferrari sbanda e da Imola in poi inizia la rimonta: Verstappen vince 5 Gp su 6 (unica eccezione Montecarlo, dove comunque chiude terzo dietro Perez e Sainz nonostante la doppietta Ferrari in qualifica) e vola in testa, 125 punti contro i 116 di Leclerc. I successi delle Rosse fra Silverstone e Spielberg tengono ancora aperto il discorso ma da Le Castellet a Monza l’inno olandese suona per cinque volte di fila, con Verstappen protagonista di rimonte clamorose come in Ungheria (partiva decimo) o in Belgio, dove risale addirittura dalla 14esima casella in griglia. A Singapore manca il primo match-point, non a Suzuka dove si laurea di nuovo campione del mondo. Un trionfo in parte offuscato dal caso budget cap che vede la Red Bull al centro dei sospetti dei rivali ma assolutamente meritato: il brutto anatroccolo che spesso faceva arrabbiare gli altri piloti per la sua irruenza è ormai diventato uno splendido cigno. (ITALPRESS).