giovedì, 14 Novembre, 2024
Attualità

“Mahsa e Nika sono migliaia”. L’Iràn regime spietato

Intervista a un Iraniano fuggito dal regime teocratico oppressivo

Luce viva negli occhi, labbra tirate in una inevitabile smorfia di dolore, per il troppo orrore sentito: è questo il volto dell’uomo che si siede davanti a me. Siamo soli, la porta è chiusa a chiave e, qualcuno protegge la porta di ingresso.

È un uomo adulto, innamorato di una terra che è stato costretto a lasciare, perché umiliata, oltraggiata e stuprata nei suoi valori originari da un regime brutale che odia qualsiasi forma di bellezza. Ce lo gridano i corpi martoriati di Masha prima e di Nika Shahkarami ora, una ragazza di sedici anni, ritrovata dopo 10 giorni dalla sua scomparsa, torturata, stuprata, con le carni suturate a mano, una demoniaca firma, dopo averle estratto gli organi Racconta di un Iran che non c’è più, la sua poesia è stata sepolta col sangue delle sue donne, dei suoi figli, martiri di una memoria che il regime della repubblica islamica vuole cancellare. Eppure stavolta qualcosa non è tornato nel gioco baro della violenza, perché il sangue imbratta le coscienze, non è trasparente come l’acqua. Il sangue si vede.

Cosa succede in Iran?
In Iran sta accadendo una rivoluzione. La richiesta di libertà non è stata mai ascoltata in quarant’anni, dal regime e ora la gente non ce la fa più ed è pronta a una rivoluzione che ha un costo elevato per la popolazione.

Quali altre rivolte sono state soffocate nel sangue in passato?
Questo regime fin dal primo giorno in cui è salito al potere ha applicato una violenza terribile, perché è l’unico linguaggio che conosce. All’inizio furono fucilate decine di migliaia di persone, perché il regime voleva sradicare la protesta. Periodicamente, negli anni, gente la gente ha protestato per cercare soluzioni alle condizioni di vita insostenibili, e ogni volta la repressione è stata imbrattata di sangue Fino a due anni fa, quando furono ammazzate 1500 persone in una notte, perché protestavano contro il caro benzina. La polizia ha cominciato a sparare dai tetti con le mitragliatrici sulla folla, e sparando in faccia a ragazzini. Il regime poi conosce tutti i metodi per nascondere i suoi crimini, ad esempio sequestrando i cadaveri, finché non convincono i familiari a stare zitti. Spesso chi domanda solo “perché hai sparato in testa a mio figlio” finisce in prigione, o peggio. Lo avete visto tutti stavolta, Nika è stata uccisa, le hanno tolto gli organi, come se volessero cancellarla, hanno rubato il corpo e l’hanno sepolta all’insaputa della sua famiglia. Sua zia Atash Shahkarami è stata arrestata dopo aver pubblicato su Twitter un post con una ninna nanna dedicata alla nipote.

La morte di Mahsa Amini, uccisa dalla polizia morale a 22 anni, non è stata silenziata però. Cosa è accaduto di diverso stavolta?
Secondo me è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Stavolta non è stata tollerabile la violenza contro l’innocenza di una ragazzina che viene dal Kurdistan iraniano per vedere la bellezza di Teheran, che esce dalla metropolitana con un fazzoletto che non copre il suo volto bellissimo, e per questo viene portata via, per poi arrivare due ore dopo cadavere in ospedale. Questo è un regime che non può sopportare la bellezza, che odia la bellezza. E che va oltre ogni limite per poi nascondere le proprie nefandezze, nel caso di Mahsa hanno cercato di nascondere addirittura tentando di fare la notte stessa il funerale della ragazza, ma il padre si è opposto, la notizia è trapelata e la gente è scesa in strada. Perché? Perché chiunque ha visto se stesso in Mahsa e chiunque ha una figlia, una sorella, sa che poteva accadere anche a loro. Questa volta il dolore è entrato nell’anima delle persone.

Stavolta uomini e donne sono uniti.
La morte di questa ragazza ha creato per la prima volta una unità, una solidarietà: uomini e donne vedono nell’altro loro stessi. Questa per me è stata la dolorosa scintilla che ha fatto uscire la vera civiltà persiana. In Iran anche chi è libero è prigioniero della repressione. Ma Mahsa ha fatto uscire la civiltà persiana, che io per primo mi domandavo dove fosse finita, se fosse davvero morta per sempre. Invece la civiltà persiana covava sotto la cenere. Parlo di una civiltà ricchissima di parola, di poesia, di relazione. Per questo, quando l’anima della gente è venuta fuori, abbiamo visto una forza e un coraggio che hanno spinto uomini e donne a fare a gara per proteggersi l’un l’altro davanti al fuoco delle armi. Li abbiamo sentiti dedicarsi slogan reciproci: “donna, vita, libertà “ e “uomo, patria, civiltà”. Sono slogan modernissimi, perché è la prima volta che si associa la parola libertà alla donna.

Come credi che finirà?
È impossibile prevedere, ma una cosa è certa: la strada imboccata è senza ritorno, perché la gente sa cosa accadrebbe; tre anni fa 1500 persone, ufficialmente, sono state ammazzate in una notte, ma il giorno dopo il regime ha rastrellato le strade arrestando oltre 7000 persone. Fonti che non posso rivelare mi comunicano che la gente dice ”preferisco morire in piedi che non in ginocchio nelle carceri iraniane”. Questo è un regime che usa tutti gli strumenti della civiltà contro la gente, incluso le ambulanze usate per rastrellare i feriti e portarli in carcere.

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